Di umili origini, figlia di un cuoco, Rosa Rosso (Messina, 1808 - 1867) aveva assistito alla repressione borbonica seguita alla rivoluzione siciliana del 1820-21. Sposata con lo stalliere Donato, rimasta presto vedova, viveva guadagnandosi da vivere come “tosatrice di cani”. Condivideva però le aspirazioni della città per un cambiamento politico. Nel 1848-49 partecipò attivamente alla rivoluzione siciliana contro il governo borbonico, prima a Messina e poi a Palermo. A Messina fu protagonista di molti scontri armati con le truppe borboniche conquistandosi il titolo di “artigliera del popolo”. Dopo la riconquista borbonica dell’isola venne arrestata, torturata e imprigionata nei sotterranei della Cittadella. Uscita di prigione, viveva chiedendo l’elemosina davanti all’Università solo ai giovani studenti nei quali riponeva l’unica speranza per il futuro. Dopo il 1860, le fu concesso una piccola pensione. Morì in povertà. Un busto realizzato da Vincenzo Gugliandolo nel 1893 è custodito all’interno del Banco di Sicilia, nella sala degli sportelli dell’istituto
Di umili origini, figlia di un cuoco, Rosa Rosso (Messina, 1808 - 1867) aveva assistito alla repressione borbonica seguita alla rivoluzione siciliana del 1820-21. Sposata con lo stalliere Donato, rimasta presto vedova, viveva guadagnandosi da vivere come “tosatrice di cani”. Condivideva però le aspirazioni della città per un cambiamento politico. Nel 1848-49 partecipò attivamente alla rivoluzione siciliana contro il governo borbonico, prima a Messina e poi a Palermo. A Messina fu protagonista di molti scontri armati con le truppe borboniche conquistandosi il titolo di “artigliera del popolo”. Dopo la riconquista borbonica dell’isola venne arrestata, torturata e imprigionata nei sotterranei della Cittadella. Uscita di prigione, viveva chiedendo l’elemosina davanti all’Università solo ai giovani studenti nei quali riponeva l’unica speranza per il futuro. Dopo il 1860, le fu concesso una piccola pensione. Morì in povertà. Un busto realizzato da Vincenzo Gugliandolo nel 1893 è custodito all’interno del Banco di Sicilia, nella sala degli sportelli dell’istituto
Di umili origini, figlia di un cuoco, Rosa Rosso (Messina, 1808 - 1867) aveva assistito alla repressione borbonica seguita alla rivoluzione siciliana del 1820-21. Sposata con lo stalliere Donato, rimasta presto vedova, viveva guadagnandosi da vivere come “tosatrice di cani”. Condivideva però le aspirazioni della città per un cambiamento politico. Nel 1848-49 partecipò attivamente alla rivoluzione siciliana contro il governo borbonico, prima a Messina e poi a Palermo. A Messina fu protagonista di molti scontri armati con le truppe borboniche conquistandosi il titolo di “artigliera del popolo”. Dopo la riconquista borbonica dell’isola venne arrestata, torturata e imprigionata nei sotterranei della Cittadella. Uscita di prigione, viveva chiedendo l’elemosina davanti all’Università solo ai giovani studenti nei quali riponeva l’unica speranza per il futuro. Dopo il 1860, le fu concesso una piccola pensione. Morì in povertà. Un busto realizzato da Vincenzo Gugliandolo nel 1893 è custodito all’interno del Banco di Sicilia, nella sala degli sportelli dell’istituto