La realizzazione del progetto messinese fu attuata per tranche e risulta che per primo fu costruito il padiglione B, ultimato nel 1960 e collaudato due anni più tardi; la D.L. fu affidata all’ing. Sebastiano Fulci e al geom. Enrico Restuccia, funzionari del Genio Civile di Messina fino al giugno del 1966 quando l’ing. Fulci fu pensionato anche se continuò a svolgere le funzioni di consulente. La Direzione dei lavori fu affidata all’ing. Barrilà che venne coadiuvato dal geom. Lorenzini e dal geom. Parasole.
Il padiglione A, in particolare, si sviluppa in un’area pianeggiante all’estremità nord-est della cittadella ospedaliera e risulta servito sui quattro lati dalla viabilità interna ad un’altitudine di circa 34m s.l.m. La struttura portante dell’edificio è realizzata in cemento armato e, come sovente accade nel linguaggio stilistico dell’architettura del periodo, questa viene denunciata all’esterno lungo lo sviluppo delle facciate che così risultano caratterizzate dal ritmo dei pilastri grigi che, dal balcone del primo livello fuori terra, raggiungono la pensilina di copertura presente lungo i lati maggiori della costruzione che ne garantisce una efficace protezione dagli agenti atmosferici. Appena sottosquadro rispetto alle superfici più esterne dei pilastri, un’alternanza di pannelli e travi di colore chiaro caratterizza le facciate e garantisce alle aperture una funzionale suddivisione atta a rispondere alle esigenze di flessibilità dello spazio interno assolvendo efficacemente alle precipue funzioni di ospedale. Alcune piccole variazioni nella disposizione dei balconi lungo i prospetti dell’edificio e delle soluzioni di testata riescono a garantire una gradevole composizione formale del complesso, le cui murature che fanno da sfondo alla struttura sono caratterizzate da un colore salmone che contrasta con il grigio della struttura più esterna e con il colore chiaro dei pannelli.
A Messina il progetto generale di massima per la costruzione delle Cliniche Universitarie (Pad. A-B-C), fu redatto dall’arch. Ettore Rossi e fu approvato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici il 6 maggio 1951. La realizzazione del progetto fu attuata per tranche e sappiamo che fu costruito per primo il padiglione B, ultimato nel 1960 e collaudato due anni più tardi; i lavori furono eseguiti dalla Società P.A.C.E. che svolse un significativo ruolo nel corso degli interventi di ricostruzione della città di Messina successivi al 1908. Il plesso denominato Padiglione A fu interessato da diversi appalti e ultimato nel gennaio del 1967 dall’Impresa P. Dino Siracusano. I padiglioni hanno la struttura portante in cemento armato e, come sovente accade nel linguaggio stilistico dell’architettura del periodo, questa viene denunciata all’esterno lungo lo sviluppo delle facciate che così risultano caratterizzate dal ritmo dei pilastri grigi che, dal balcone del primo livello fuori terra, raggiungono la pensilina di copertura presente lungo i lati maggiori della costruzione che ne garantisce una efficace protezione dagli agenti atmosferici. Appena sottosquadro rispetto alle superfici più esterne dei pilastri, un’alternanza di pannelli e travi di colore chiaro caratterizza le facciate e garantisce alle aperture una funzionale suddivisione atta a rispondere alle esigenze di flessibilità dello spazio interno assolvendo efficacemente alle precipue funzioni di ospedale. Alcune piccole variazioni nella disposizione dei balconi lungo i prospetti dell’edificio e delle soluzioni di testata riescono a garantire una gradevole composizione formale del complesso, le cui murature che fanno da sfondo alla struttura sono caratterizzate da un colore salmone che contrasta con il grigio della struttura più esterna e con il colore chiaro dei pannelli. Le superfici dei pannelli dei balconi e delle velette sono caratterizzate dall’impiego di piccole tesserine in gres di colore chiaro alternate ad altre di colore violetto, che hanno contribuito a salvaguardare l’integrità delle superfici pur trovandosi, allo stato attuale, in precarie condizioni di conservazione. Una certa gerarchizzazione dei prospetti, che impiegano soluzioni formali similari ma lievemente differenti tra loro, sembra probabilmente dovuta alla diversa esposizione delle facciate la cui ampiezza delle chiusure verticali trasparenti assicura efficaci condizioni di illuminazione degli ambienti interni con un favorevole rapporto tra superficie illuminata e superficie illuminante. Le ringhiere dei balconi e delle passerelle degli ingressi che si aprono lungo i prospetti dell’edificio sono realizzate in metallo.