La raccolta Canti barocchi e altre liriche viene pubblicata da Mondadori nel 1956 con una prefazione di Eugenio Montale, che schiude al poeta di Calanovella le vie del riconoscimento ufficiale, grazie a quelle 9 liriche spedite al suo indirizzo e date alle stampe due anni prima. Ripubblicati nella nuova edizione Gioco a nascondere. Canti Barocchi e altre liriche, sempre da Mondadori, nel 1960, i versi di Lucio Piccolo si caratterizzano per uno stile prezioso ed originalissimo.
La raccolta Canti barocchi viene pubblicata da Mondadori nel 1956 con una prefazione di Eugenio Montale, che schiude al poeta di Calanovella le vie del riconoscimento ufficiale, grazie a quelle 9 liriche spedite al suo indirizzo e date alle stampe due anni prima. «Sarei tentato di attribuirgli il motivo husserliano di cui egli ci parlava a San Pellegrino: la contraddizione fra un universo mutevole ma concreto, reale, ed un io assoluto eppure irreale perché privo di concretezza – scrive di lui Montale –; ma non definirei con questo tutta una corrente di poesia metafisica che in vari aspetti dura da sempre?». Sarà lo stesso futuro premio Nobel a presentare Lucio Piccolo al pubblico, dopo aver ricevuto, in maniera piuttosto rocambolesca, a causa di un’errata affrancatura postale, i suoi primi versi. L’occasione era stata offerta dal convegno di San Pellegrino Terme del 1954 riservato ai protagonisti delle nuove leve letterarie, al quale Piccolo aveva partecipato accompagnato dal cugino Tomasi di Lampedusa, al quale spetterà la stessa sorte di singolare caso letterario. Ripubblicati nella nuova edizione Gioco a nascondere. Canti Barocchi e altre liriche, sempre da Mondadori, nel 1960, i versi di Lucio Piccolo si caratterizzano per uno stile prezioso ed originalissimo. Strutturati come una vera e propria armonia in quattro quarti, paradigma di una raffinatissima cultura nutrita di molteplici letture europee, i Canti barocchi offrono innumerevoli suggestioni, ispirate ai fasti di epoche perdute del passato e allo splendore di una natura lussureggiante, dolce e misteriosa, caricandosi di visionarietà fantastica e onirica, che sonda l'infinito del creato e l'universalità di riflessioni esistenziali.
La raccolta Canti barocchi viene pubblicata da Mondadori nel 1956 con una prefazione di Eugenio Montale, che schiude al poeta di Calanovella le vie del riconoscimento ufficiale, grazie a quelle 9 liriche spedite al suo indirizzo e date alle stampe due anni prima. «Sarei tentato di attribuirgli il motivo husserliano di cui egli ci parlava a San Pellegrino: la contraddizione fra un universo mutevole ma concreto, reale, ed un io assoluto eppure irreale perché privo di concretezza – scrive di lui Montale –; ma non definirei con questo tutta una corrente di poesia metafisica che in vari aspetti dura da sempre?». Ripubblicati nella nuova edizione Gioco a nascondere. Canti Barocchi e altre liriche, sempre da Mondadori, nel 1960, i versi di Lucio Piccolo si caratterizzano per uno stile prezioso ed originalissimo:
I Canti barocchi del cavaliere di Calanovella sono strutturati come una vera e propria armonia in quattro quarti, dove ognuna delle poesie simboleggia un elemento naturale, nonché una stagione dell’anno (in cui si intravede anche una parte del giorno) e ancora una fase dell’esistenza. La prima, Oratorio di Valverde, è un esordio primaverile con le terre in fiore, alba d’una fanciullezza spensierata e innocente: «Ferma il volo Aurora opulenta/ di frutto, di fiore,/ balzata da rive vicine/ diffondi ancora tremore/ di conchiglie, di luci marine/ – a larghe onde di campane tessuta/ venivi, dai fili di memorie, dai risvegli infantili – ».
La meridiana è improntata sul movimento distruttivo e rigenerante delle acque, maturità della vita che contempla la pienezza della natura, il rigoglio estremo delle cose: «Guarda l’acqua inesplicabile:/ contrafforte, torre, soglio/ di granito, piuma, ramo, ala, pupilla,/ tutto spezza, scioglie, immilla;/ nell’ansiosa flessione/ quello ch’era pietra, massa di bastione,/ è gorgo fatuo che passa…/ Guarda l’acqua inesplicabile:/ al suo tocco l’Universo è labile. »; qui il poeta prelude ad un’ineluttabile fine del ciclo vitale, raffigurata dal vento « …ed alle siepi del mondo/ passa il brivido di fulgore/ fende l’immane distesa celeste,/ vibra, smuore, tace,/ vento senza presa e silenzio.// Ma se il fugace è sgomento/ l’eterno è terrore. »; elemento richiamato poi nel terzo canto, ovvero Scirocco. L’infuocato vento sud-orientale diviene emblema dell’invecchiamento, visto splendidamente come un esercito moresco in marcia che spazza tutto ciò che incontra davanti al proprio cammino: «E sovra i monti, lontano sugli orizzonti/ è lunga striscia color zafferano:/ irrompe la torma moresca dei venti,/ d’assalto prende le porte grandi…/ polloni brucia, di virgulti fa sterpi,/ in tromba cangia androni,/ piomba su le crescenze incerte/ dei giardini, ghermisce le foglie deserte/ e i gelsomini puerili…// Ma quando ad occidente chiude l’ale/ d’incendio il selvaggio pontificale/ e l’ultima gora rossa si sfalda/ d’ogni lato sale la notte calda in agguato. ». In questi versi il discorso, intriso d’una violenza pittorica ineguagliata, viene a diluirsi nella prefigurazione notturna che schiude simbolicamente il calmo abbraccio della morte. La notte è la fase conclusiva, l’annullamento nell’oblio, il sereno amplesso con la memoria: «La notte si fa dolce talvolta,/ se dalla cerchia oscura/ dei monti non leva alito di frescura…// soffia in vene vive volti già cenere, parole àfone…/ muove la girandola d’ombre…// Riverberi d’echi, frantumi, memorie insaziate,/ riflusso di vita svanita che trabocca/ dall’urna del Tempo, la nemica clessidra che spezza,/ è bocca d’aria che cerca bacio, ira,/ è mano di vento che vuole carezza. ».
Insomma il lirismo piccoliano è pregno di tutto un mondo agreste ormai evanescente, se una cifra ombrosa esiste è quella del richiamo alla memoria di tempi e volti trascorsi: sotto all’involuta scorza del personaggio si cela un poeta da riscoprire, per far risuonare di nuovo altissime note scartando, almeno per un giorno, qualunque prosaicità! (Diego Conticello, L'universo barocco di Lucio Piccolo, in «QuiLibri», n.4, anno II, marzo-aprile 2011)