Pubblicato dall’editore Garzanti, presso cui nel 2007 è uscita l’intera raccolta delle opere dell’autrice (Tutte le poesie 1977-2006), il volume Turbativa d’incanto arriva in libreria cinque anni dopo, preceduto da Satura di cartuscelle (Perrone, 2009) e Frammenti di un oratorio per il centenario del terremoto di Messina (Viennepierre, 2009). Il titolo polisemico, tipico dello stile di Insana, l’andamento dialogico e l’impasto linguistico sono messi in rilievo da Maria Antonietta Grignani nella presentazione.
Pubblicato dall’editore Garzanti, presso cui nel 2007 è uscita l’intera raccolta delle opere dell’autrice (Tutte le poesie 1977-2006), il volume Turbativa d’incanto arriva in libreria cinque anni dopo, preceduto da Satura di cartuscelle (Perrone, 2009) e Frammenti di un oratorio per il centenario del terremoto di Messina (Viennepierre, 2009). Il titolo polisemico, tipico dello stile di Insana, l’andamento dialogico e l’impasto linguistico sono messi in rilievo da Maria Antonietta Grignani nella presentazione. Nel libro confluiscono i poemi Le foglie del decoro, La bestia clandestina, La centralina saltata, L’idiota sottostante, Caràmbola, La màndola della melanconia, attraverso i quali la voce poetica esplora diversi temi, da quelli più intimi e privati agli orrori che segnano la cronaca e la storia collettiva. Immagini come quelle del carcere di Baghdad e dei Buddha giganteschi distrutti in Afghanistan si alternano alla visione delle alture del Golan, dove i megafoni portano da villaggio a villaggio brandelli di conversazioni e affetti stroncati. La soggettività appare scissa, turbata dal ritmo della vita che, con i suoi incanti e i suoi abissi dolorosi, la malinconia di una femminilità ripiegata e la volontà di un’affermazione carnale dell’esistenza, scatena un dialogo interno tra l’io e il simulacro di una alterità paranoica. In quelle che Grignani definisce stazioni di un percorso mentale e vocale, tecnicismi, neologismi e arcaismi si alternano e si contaminano attorno ai limiti e alle possibilità della parola, alla continua ricerca di ritmi e fonìe graffianti.
Pubblicato dall’editore Garzanti, presso cui nel 2007 è uscita l’intera raccolta delle opere dell’autrice (Tutte le poesie 1977-2006), il volume Turbativa d’incanto arriva in libreria cinque anni dopo, preceduto da Satura di cartuscelle (Perrone, 2009) e Frammenti di un oratorio per il centenario del terremoto di Messina (Viennepierre, 2009). Il titolo polisemico, tipico dello stile di Insana, l’andamento dialogico e l’impasto linguistico sono messi in rilievo da Maria Antonietta Grignani nella presentazione. Nel libro confluiscono i poemi Le foglie del decoro, La bestia clandestina, La centralina saltata, L’idiota sottostante, Caràmbola, La màndola della melanconia, attraverso i quali la voce poetica esplora diversi temi, da quelli più intimi e privati agli orrori che segnano la cronaca e la storia collettiva. Immagini come quelle del carcere di Baghdad e dei Buddha giganteschi distrutti in Afghanistan si alternano alla visione delle alture del Golan, dove i megafoni portano da villaggio a villaggio brandelli di conversazioni e affetti stroncati. La soggettività appare scissa, turbata dal ritmo della vita che, con i suoi incanti e i suoi abissi dolorosi, la malinconia di una femminilità ripiegata e la volontà di un’affermazione carnale dell’esistenza, scatena un dialogo interno tra l’io e il simulacro di una alterità paranoica. In quelle che Grignani definisce stazioni di un percorso mentale e vocale, tecnicismi, neologismi e arcaismi si alternano e si contaminano attorno ai limiti e alle possibilità della parola, alla continua ricerca di ritmi e fonìe graffianti. «Turbativa d’incanto costringe a riflettere su come il confronto con la parte profonda di sé, che poi è soprattutto confronto con la poesia, non possa (non debba) eludere il confronto col mondo e con la storia – scrive Cecilia Bello Minciacchi –. E per Jolanda Insana il confronto non può essere mai neutro, al fondo c’è la sostanziale contesa: il teatro di pupi che in Sciarra amara aveva fatto scontrare vita e morte, l’indimenticabile «pupara sono..»; lo scontro che in Turbativa d’incanto soffoca la libertà dell’andare in scena, «perché ti pari davanti / e m’impedisci di recitare a soggetto?»:
Le offese tra l’io e il suo doppio non restano nei limiti del domestico o dell’esistenziale: chiamano nel testo la storia, dalla seconda guerra mondiale, «quando tra Africa Malta e Sicilia / galleggiavano corpi gonfi d’acqua / scoppiati al sole», alle abiezioni e agli orrori più recenti: la sposa-bambina che costa «solo 470 euro / in Afghanistan», quel «metro di corridoio / recinto di sbarre» che è il parlatorio del carcere femminile di Khadamiyah a nord di Baghdad, la «bimba sventrata / tra i rottami dell’autobus a Gerusalemme», e «i corpi dei bambini / sfracellati dai missili israeliani». Orrori grandi, di caratura mediatica, mali visti «sulla cartastampata» che non giustificano – scrive – l’indifferenza di fronte ai mali a portata di mano, consumati nel chiuso dei nostri condomini.
[…]
Con tutti i suoi muri ricorrenti, e carceri e porte e «orti chiusi», «finestre spalancate» e «serrande serrate», l’ultimo libro di Insana intavola anche un discorso sulla libertà. Quella politica – i parlatori di prigione che impediscono ogni contatto, Guantanamo dove «puniscono il prigioniero perché canta» – e quella personale che il proprio doppio abitante dello stesso condominio, spiando i lavacri più intimi incrina insopportabilmente: «dov’è finita la mia libertà / con il magistrato delle acque / travestito da vicina di casa / alterata?».
Il teatro del corpo a corpo col doppio «disagiato» costringe anche al corpo a corpo con la poesia: «noi siamo ciò che diciamo / e tu dici narcisate / sodalizi criminali / paranza di banditi». Tra vis gnomica e acredine, Turbativa d’incanto impone la riflessione sul senso etico della poesia, sul suo dover essere fendente, polemica. (Cecilia Bello Minciacchi, Recensione a Jolanda Insana, “Turbativa d’incanto” (Garzanti, 2012), «Puntocritico.eu», 31/12/2012