Giulio Aristide Sartorio: Dina e Clarenza, 1930-32.

Testo Ridotto: 

Il magnifico cartone appartiene al gruppo di opere realizzate da Sartorio per i mosaici del Duomo di Messina.  L’artista romano vi lavorerà ininterrottamente per due anni, impegnandosi a realizzare 90 metri quadri di bozzetti al mese per un totale di 6000 metri quadri.  Rifiutando qualsiasi aiuto esterno, Sartorio lavorerà al progetto in perfetta solitudine fino alla morte prematura causata dal cancro.  I bozzetti e i cartoni di Sartorio non verranno mai tradotti in mosaico, rimanendo come opere esteticamente autonome e compiute. 

Testo Medio: 

Il magnifico cartone appartiene al gruppo di opere realizzate da Sartorio per i mosaici del Duomo di Messina.  L’artista romano vi lavorerà ininterrottamente per due anni, impegnandosi a realizzare 90 metri quadri di bozzetti al mese per un totale di 6000 metri quadri.  Rifiutando qualsiasi aiuto esterno, Sartorio lavorerà al progetto in perfetta solitudine fino alla morte prematura causata dal cancro.  I bozzetti e i cartoni di Sartorio non verranno mai tradotti in mosaico, rimanendo come opere esteticamente autonome e compiute. Oggi i mosaici sono conservati al Seminario arcivescovile di Messina, ente proprietario delle opere.  I fantasmagorici bozzetti sono stati al centro di un prezioso studio (1989) di Gioacchino Barbera e Anna  Maria Damigella che ha avuto il merito di ricostruire la vicenda travagliata dei mosaici per il duomo di Messina. Il duomo, ricostruito dopo il terribile sisma del 1908, fu solennemente inaugurato nel 1929. L’arcivescovo di Messina, mons. Angelo Paino, aveva immaginato per la nuova basilica una decorazione musiva capace di eguagliare quella dei celebri esempi siculi normanni: Monreale e Cefalù, in primis.  Dopo un primo incarico a Rodolfo Villani, autore nel 1922 di un moderno mosaico per la basilica di San Francesco a Ravenna, la commissione coinvolse Sartorio, allora considerato tra primi artisti italiani. Il coinvolgimento di Sartorio veniva in forza sia dei suoi importanti incarichi, fregio per la Camera dei Deputati, sia per la sua appartenenza al gruppo In Arte Libertas di Nino Costa, versione romana dei preraffaelliti inglesi. Uno di essi, Edward Burne Jones, tra il 1881 e il 1894 era stato l’artefice dei mosaici per la chiesa anglicana di San Paolo fuori le mura, a Roma.  “L’opera ebbe un notevole influsso sulla cultura romana di fine secolo: G.A. Sartorio la considerava esempio dell’evoluzione del movimento preraffaellita, nel quale era confluita, oltre alla tradizione primitiva, anche quella rinascimentale, e additava attraverso personalità come Burne-Jones ‘la via per un risorgimento delle appassionate forme italiane’. Anche il mosaico infatti, diverrà il modello per le decorazioni dei monumenti della nuova Italia, vagheggianti una classicità venata di trepidazioni, di gusto fra preraffaellita e michelangiolesco”[1].




[1] M.T. Benedetti, I preraffaelliti, Giunti, Firenze 1986, pp. 61-62

 

Testo Esteso: 

Il magnifico cartone appartiene al gruppo di opere realizzate da Sartorio per i mosaici del Duomo di Messina.  L’artista romano vi lavorerà ininterrottamente per due anni, impegnandosi a realizzare 90 metri quadri di bozzetti al mese per un totale di 6000 metri quadri.  Rifiutando qualsiasi aiuto esterno, Sartorio lavorerà al progetto in perfetta solitudine fino alla morte prematura causata dal cancro.  I bozzetti e i cartoni di Sartorio non verranno mai tradotti in mosaico, rimanendo come opere esteticamente autonome e compiute. Oggi i mosaici sono conservati al Seminario arcivescovile di Messina, ente proprietario delle opere.  I fantasmagorici bozzetti sono stati al centro di un prezioso studio (1989) di Gioacchino Barbera e Anna  Maria Damigella che ha avuto il merito di ricostruire la vicenda travagliata dei mosaici per il duomo di Messina. Il duomo, ricostruito dopo il terribile sisma del 1908, fu solennemente inaugurato nel 1929. L’arcivescovo di Messina, mons. Angelo Paino, aveva immaginato per la nuova basilica una decorazione musiva capace di eguagliare quella dei celebri esempi siculi normanni: Monreale e Cefalù, in primis.  Dopo un primo incarico a Rodolfo Villani, autore nel 1922 di un moderno mosaico per la basilica di San Francesco a Ravenna, la commissione coinvolse Sartorio, allora considerato tra primi artisti italiani. Il coinvolgimento di Sartorio veniva in forza sia dei suoi importanti incarichi, fregio per la Camera dei Deputati, sia per la sua appartenenza al gruppo In Arte Libertas di Nino Costa, versione romana dei preraffaelliti inglesi. Uno di essi, Edward Burne Jones, tra il 1881 e il 1894 era stato l’artefice dei mosaici per la chiesa anglicana di San Paolo fuori le mura, a Roma.  “L’opera ebbe un notevole influsso sulla cultura romana di fine secolo: G.A. Sartorio la considerava esempio dell’evoluzione del movimento preraffaellita, nel quale era confluita, oltre alla tradizione primitiva, anche quella rinascimentale, e additava attraverso personalità come Burne-Jones ‘la via per un risorgimento delle appassionate forme italiane’. Anche il mosaico infatti, diverrà il modello per le decorazioni dei monumenti della nuova Italia, vagheggianti una classicità venata di trepidazioni, di gusto fra preraffaellita e michelangiolesco”[1]. L’impegno di Sartorio nell’opera messinese fu totale. Il carteggio tra Sartorio e l’arcivescovo di Messina restituisce la figura dell’artista eroe, totalmente devoto alla realizzazione del complesso programma iconografico impostato da Paino intorno alla storia religiosa e civile della città. La vis del suo impegno e l’accanimento creativo dei Sartorio sono ben visibili nell’incredibile stile grafico dei suoi lavori. In Dina e Clarenza, popolane messinesi, difendono la città nella guerra del Vespro, Sartorio affronta il leggendario episodio della due eroine strutturando la composizione come se si trattasse della pagina illustrata di un libro.   Il suo segno veloce riscostruisce le fasi concitate dell’attacco concentrandosi sui profili sinuosi e dinamici delle due donne, mentre sullo sfondo di una città dall’architetture eclettiche e orientaleggianti contribuisce a dare alla scena un’ambientazione da favola.  Tra simbolismo francese, Gustave Moreau in primis, e preraffaellismo, Sartorio costruisce un’opera accattivante, dal gusto modernissimo. Anche se possiamo giudicare i suoi lavori solo al grado di bozzetti o cartoni, è chiaro che essi sono stati realizzati tenendo conto più di un progetto di massima che all’effettiva traduzione in mosaico. Tuttavia si tratta di testimonianze straordinarie che rappresentano una degli episodi più interessanti delle arti figurative a Messina del XX secolo. 




[1] M.T. Benedetti: I preraffaelliti, Giunti, Firenze 1986, pp. 61-62

 

Galleria Immagini: 

Galleria dei bozzetti di Giulio Aristide Sartorio per il duomo di Messina

  • Giulio Aristide Sartorio: Dina e Clarenza, 1930-32,180 x 360 mm.
  • Giulio Aristide Sartorio: Schizzo per il martirio di San Placido, 1932.
  • Giulio Aristide Sartorio: L'icona della Modonna di Dinnamare trasportato di due, 1930-32,180 x 360 mm.
  • Giulio Aristide Sartorio: La delegazione messinese si reca in Calabria dal Conte Ruggero, 1930 - 32, 180 x 360 mm.
  • Giulio Aristide Sartorio: S. Eleuterio ammansisce le fiere, 1930-32, 94 x 394 mm.
  • Giulio Aristide Sartorio: Martirio di S. Eleuterio e di Anzia sua madre, mm 90 x 394
Credits: 
Da: I bozzetti di Sartorio per il Duomo di Messina, Sellerio, Palermo 1989.
Gallerie Immagini Secondarie: 

Galleria dei bozzetti di Giulio Aristide Sartorio per il duomo di Messina

  • Giulio Aristide Sartorio: Dina e Clarenza, 1930-32,180 x 360 mm.
  • Giulio Aristide Sartorio: Schizzo per il martirio di San Placido, 1932.
  • Giulio Aristide Sartorio: L'icona della Modonna di Dinnamare trasportato di due, 1930-32,180 x 360 mm.
  • Giulio Aristide Sartorio: La delegazione messinese si reca in Calabria dal Conte Ruggero, 1930 - 32, 180 x 360 mm.
  • Giulio Aristide Sartorio: S. Eleuterio ammansisce le fiere, 1930-32, 94 x 394 mm.
  • Giulio Aristide Sartorio: Martirio di S. Eleuterio e di Anzia sua madre, mm 90 x 394
Credits: 
Da: I bozzetti di Sartorio per il Duomo di Messina, Sellerio, Palermo 1989.
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