L’opera appartiene al periodo della piena maturità artistica di Giuseppe Vanadia. Dopo aver attraversato, tra il 1960 e il 1961, un momento di astrazione pura, priva cioè di riferimenti a oggetti concreti (Buda 2011), Vanadia tornerà a ispirarsi al dato naturale che sarà al centro di un’elaborazione ancora più avanzata. E’ il caso di Elevazione, un paesaggio composto dall’accostamento di zone di colore pure in cui sono perfettamente visibili tutti i numerosi ritmici colpi di spatolina.
La sintesi cromatica e formale è totale, oggetto principale del lavoro dell’artista è proprio la materia colore che costituisce una superficie increspata e ricca di varianti sensibilissime alla luce. Gli anni ’60 saranno cruciali per i destini dell’arte contemporanea mondiale. I prodotti dell’industria muteranno la società e l’arte del tempo in maniera radicale. Le poetiche europee del Nouveau Realisme e quelle americane della Pop Art cambieranno definitivamente il dna filosofico delle discipline artistiche allontanando gli artisti dalle tecniche e dai mezzi espressivi tradizionali. Vanadia continuerà invece ad approfondire e ad articolare le sue intuizioni e suoi mezzi espressivi coerentemente con la propria poetica. In Elevazione il pittore matematico si serve del paesaggio come di un trampolino per una reinvenzione totale. La peculiare linea, nera e spessa, disegna in pochi tratti scuri grandi masse cromatiche organizzate con una paletta minimalista quanto efficace di quattro colori: verde, bianco, blu e viola. Il colore è organizzato quindi in sei zone che costruiscono l’immagine come le tessere di un mosaico o le vetrate di una cattedrale. Vanadia porta agli estremi il processo di astrazione dal dato naturale che finisce diventare il pretesto per una composizione dal grande equilibrio. L’episodio è forse tra i più avanzati di questo periodo caratterizzato dall’uso dei colori puri e della spatolina che trasforma la materia pittorica in una superficie strutturata.
Lo spettatore è attratto dalla materia uniforme e dinamica di questa superficie quasi ceramica, argillosa. C’è qualcosa di ludico e drammatico nella minuziosa e coerente struttura dell’opera. L’Elevazione potrebbe riferirsi alla grande massa bianca stagliata nel grande blu della parte superiore del dipinto, oppure potrebbe trattarsi del processo stesso con il quale Vanadia ha affrancato la sua pittura dalla natura. Natura e astrazione sono in perenne dialogo nella sua arte. Egli tratta in maniera estremamente sintetica e stilizzate le figure umane o animali che rappresenta. E’ il paesaggio a interessarlo. Le campagne dei Nebrodi dell’indimenticata Tortorici, i paesaggi marini e le vedute sulla città di Messina sono i soggetti prediletti fin dagli esordi. Anzi proprio ai muri e alle architetture messinesi egli dedica una serie tra 1958 e il 1959. Ad averlo influenzato in questa scelta veniva certamente il paesaggio urbano della doppia ricostruzione, post terremoto e post bellica, che impegnò Messina per tutta la prima metà del Novecento. Un paesaggio d’intonaci, malte e ponteggi che sembra echeggiare nell’impasto stesso dei suoi colori, nella spessa e ricca superficie delle sue opere. Ma questa pittura minimale, rugosa e increspata come una parete di calce, dal 1960 si carica di una potente ed energia cromatica pura che gioca, ironizza con l’immagine (Ricordo di Montalbano 1970 c.a.). Uno sguardo d’insieme sulla sua ultima produzione restituisce il profilo di un artista sempre a confronto con i temi prediletti, ora risolti con mezzi espressivi semplici quanto efficaci. I campi coltivati diventano reticolati geometrici, mosaici di poligoni sui quali l’artista esercita la sua minima e paletta cromatica, mentre il profilo di un castello è risolto con un gioco preciso di linee, poligoni e superfici dal grande equilibrio compositivo (Ricordo, 1972). Vanadia produce ormai immagini immediate, fresche e semplici, la cui spontanea naturalezza contiene, in verità, il frutto di una grande poetica cui l’artista matematico ha lavorato con rigore nel corso di tutta la sua opera.