L’opera appartiene alla prima fase dell’attività di Vanadia, quando, proprio nel 1951 egli esordì con la prima personale alla libreria dell’O.S.P.E. Non è possibile stabilire con certezza se quest’opera fosse in mostra in quell’occasione (Buda 2011) tuttavia il quadretto è l’espressione di un’esperienza artistica che ha abbandonato l’atmosfera ludica dei primi esperimenti per un tono espressivo drammatico e pensoso, privo di qualsiasi riferimento stilistico o derivazione. E’ un’opera spontanea, carica delle ansie e dei ricordi di una stagione difficile e insieme carica di attese che di lì a poco fiorirà nell’attività del pittore insegnante e nell’Italia della Ricostruzione.
L’opera appartiene alla prima fase dell’attività di Vanadia, quando, proprio nel 1951, egli esordì con una personale alla libreria dell’O.S.P.E. Non è possibile stabilire con certezza se quest’opera fosse in mostra in quell’occasione (Buda 2011), tuttavia il quadretto è l’espressione di un’esperienza artistica che ha abbandonato l’atmosfera ludica dei primi esperimenti per un tono espressivo drammatico e pensoso, privo di qualsiasi riferimento stilistico o derivazione. E’ un’opera spontanea, carica delle ansie e dei ricordi di una stagione difficile e insieme carica di attese che di lì a poco fiorirà nell’attività del pittore insegnante e nell’Italia della Ricostruzione. In questa, come in analoghe opere del periodo (Paesaggio in rosso 1951), è il paesaggio dirupato delle città a diventare il tema di una pittura rapida, quasi concitata, incalzata dall’esigenza dell’espressione. Tuttavia non si tratta di una prova ingenua, in Macerie Vanadia manifesta le peculiarità della sua poetica futura: la costruzione geometrica delle superfici, qui segnate da assi di legno e scale sfondate, la corposità della pennellata spessa, la natura gestuale dei suoi segni cromatici, la tensione verso l’astrazione derivata sempre dalla natura. Macerie sembra l’istantanea psichica di un’esplosione raccolta con la coda dell’occhio, o la traduzione pittorica di un incubo con i suoi contorni liquidi e l’atmosfera opprimente.
L’opera appartiene alla prima fase dell’attività di Vanadia, quando, proprio nel 1951, egli esordì con una personale alla libreria dell’O.S.P.E. Non è possibile stabilire con certezza se quest’opera fosse in mostra in quell’occasione (Buda 2011), tuttavia il quadretto è l’espressione di un’esperienza artistica che ha abbandonato l’atmosfera ludica dei primi esperimenti per un tono espressivo drammatico e pensoso, privo di qualsiasi riferimento stilistico o derivazione. E’ un’opera spontanea, carica delle ansie e dei ricordi di una stagione difficile e insieme carica di attese che di lì a poco fiorirà nell’attività del pittore insegnante e nell’Italia della Ricostruzione. In questa, come in analoghe opere del periodo (Paesaggio in rosso 1951), è il paesaggio dirupato delle città a diventare il tema di una pittura rapida, quasi concitata, incalzata dall’esigenza dell’espressione. Tuttavia non si tratta di una prova ingenua, in Macerie Vanadia manifesta le peculiarità della sua poetica futura: la costruzione geometrica delle superfici, qui segnate da assi di legno e scale sfondate, la corposità della pennellata spessa, la natura gestuale dei suoi segni cromatici, la tensione verso l’astrazione derivata sempre dalla natura. Macerie sembra l’istantanea psichica di un’esplosione raccolta con la coda dell’occhio, o la traduzione pittorica di un incubo con i suoi contorni liquidi e l’atmosfera opprimente. In essa c’è anche il riflesso di tutto il fermento artistico del Paese all’indomani del secondo conflitto mondiale. Grazie a Rodolfo Pallucchini, Segretario Generale delle cinque Biennali di Venezia del dopo guerra (1948 -1956), gli esiti dell’Avanguardia europea rivitalizzeranno il dibattito sulle arti figurative italiana portandolo al centro dell’interesse del pubblico. Allora l’arte contemporanea appariva un oggetto incomprensibile, tuttavia divenne presto il veicolo di una persistente e pervasiva rivoluzione di piccoli centri e grandi città che gareggiavano nell’organizzare estemporanee, premi e rassegne per professionisti e dilettanti. Dal 1950 anche Messina, grazie al circolo dell’O.S.P.E. e all’annessa galleria del “Fondaco”, ebbe la sua stagione di mostre e premi, anche di rilievo nazionale. Vanadia vi aderì oltre che per il suo naturale sentire anche per il clima amicale dell’O.S.P.E. che presto si trasformerà in una fucina di qualificati e interessanti contributi culturali. L’esordio del pittore va rintracciato in questo particolarissimo e irripetuto momento di rigenerazione intellettuale che coinvolse in varia misura tutti gli strati della società. Di fatto, egli rimase per tutta la vita prioritariamente un appassionato insegnante di matematica che mai avrebbe abdicato per il pittore. La sua produzione è, però, da subito piuttosto prolifica, come dimostra l’approfondito studio di Virginia Buda. Il clima stimolante, grazie all’apporto di Antonio Saitta proprietario e animatore della libreria dell’O.S.P.E frequentata da Salvatore Pugliatti, Quasimodo, Vann’Antò, Adolfo Romano, Gaetano Corsini etc., lo lancia nell’avventura artistica fin dalla sua prima personale. Dal 1952, infatti, Vanadia è presente in ben undici collettive, sintomo di una grande vitalità artistica e della voglia di mettere alla prova la propria neonata pittura. Se Macerie da una parte manifesta le inquietudini dei disastri che hanno colpito la Messina nella prima metà del Novecento, dall’altra appare come una prova coraggiosa e lucida intorno ai drammi del passato che, lungi dall’essere cancellati, diventeranno il bagaglio di una ricca e singolare personalità artistica.