Amedeo Bocchi: Angelo delle Litanie Lauretane, 1933.

Artista: 
Testo Ridotto: 

Preparato nell’estate del 1933, il cartone faceva parte di un corpus di disegni, bozzetti e piccoli saggi destinati alla valutazione della commissione ministeriale nominata dalla Direzione generale dell’Antichità e delle Belle Arti allo scopo di selezionare il successore di Giulio Aristide Sartorio (Roma 1860 – Roma 1932), morto durante la realizzazione dei bozzetti per la decorazione musiva del ricostruito duomo di Messina. L’opera, in scala 1:1, era una prova della teoria di Angeli delle Litanie Lauretane che avrebbero dovuto decorare la navata centrale e che, di fatto, furono poi realizzati, solo in parte, da Giulio Bargellini (Firenze 1875 – Roma1936) e Pietro Gaudenzi (Genova 1880 – Anticoli Corrado 1955). 

Testo Medio: 

Preparato nell’estate del 1933, il cartone faceva parte di un corpus di disegni, bozzetti e piccoli saggi destinati alla valutazione della commissione artistica voluta da Mons. Angelo Paiono commissione ministeriale nominata dalla Direzione generale dell’Antichità e delle Belle Arti allo scopo di selezionare il successore di Giulio Aristide Sartorio (Roma 1860 – Roma 1932), morto durante la realizzazione dei bozzetti per la decorazione musiva del ricostruito duomo di Messina. L’opera, in scala 1:1, era una prova della teoria di Angeli delle Litanie Lauretane che avrebbero dovuto decorare la navata centrale e che, di fatto, furono poi realizzati, solo in parte, da Giulio Bargellini (Firenze 1875 – Roma1936) e Pietro Gaudenzi (Genova 1880 – Anticoli Corrado 1955). Il corpus grafico preparato da Bocchi per la commissione messinese è composto da sessanta progetti, tutti custoditi nel Museo Bocchi di Parma. Di questi, cinquantatré sono schizzi e studi di composizione a matita su carta da disegno di medie dimensioni, quattro sono studi a tecnica mista su carta nera incollati su compensato, due sono pastelli su cartoncino, cui si aggiungono due studi di grandi dimensioni. Sempre nella città emiliana, una collezione privata conserva un grande disegno su carta incollata su tela raffigurante un vescovo, che potrebbe essere preparatorio per un ritratto dello stes­so monsignor Paino. Oltre a questo nucleo parmigiano, bisogna considerare quattro saggi a tempera conservati in una collezione privata romana, realizzati su carta e incollati su supporti lignei, raffiguranti sette scene che, secondo il programma iconografico messo a punto da Paino, avrebbero trovato posto nella navata centrale del duomo. La ricchezza di queste prove, di cui è probabile siano ancora inediti altri esempi, testimonia l’impegno del pittore parmigiano nella commissione messinese, nonché la qualità della sua ricerca, particolarmente meticolosa e attenta nella fedeltà al programma iconografico e nelle soluzioni stilistiche proposte.  

Testo Esteso: 

Preparato nell’estate del 1933, il cartone faceva parte di un corpus di disegni, bozzetti e piccoli saggi destinati alla valutazione della commissione ministeriale nominata dalla Direzione generale dell’Antichità e delle Belle Arti allo scopo di  selezionare il successore di Giulio Aristide Sartorio (Roma 1860 – Roma 1932), morto durante la realizzazione dei bozzetti per la decorazione musiva del ricostruito duomo di Messina. L’opera, in scala 1:1, era una prova della teoria di Angeli delle Litanie Lauretane che avrebbero dovuto decorare la navata centrale e che, di fatto, furono poi realizzati, solo in parte, da Giulio Bargellini (Firenze 1875 – Roma1936) e Pietro Gaudenzi (Genova 1880 – Anticoli Corrado 1955). Il corpus grafico preparato da Bocchi per la commissione messinese è composto da sessanta progetti, tutti custoditi nel Museo Bocchi di Parma. Di questi, cinquantatré sono schizzi e studi di composizione a matita su carta da disegno di medie dimensioni, quattro sono studi a tecnica mista su carta nera incollati su compensato, due sono pastelli su cartoncino, cui si aggiungono due studi di grandi dimensioni. Sempre nella città emiliana, una collezione privata conserva un grande disegno su carta incollata su tela raffigurante un vescovo, che potrebbe essere preparatorio per un ritratto dello stes­so monsignor Paino. Oltre a questo nucleo parmigiano, bisogna considerare quattro saggi a tempera conservati in una collezione privata romana, realizzati su carta e incollati su supporti lignei, raffiguranti sette scene che, secondo il programma iconografico messo a punto da Paino, avrebbero trovato posto nella navata centrale del duomo. La ricchezza di queste prove, di cui è probabile siano ancora inediti altri esempi, testimonia l’impegno del pittore parmigiano nella commissione messinese, nonché la qualità della sua ricerca, particolarmente meticolosa e attenta nella fedeltà al programma iconografico e nelle soluzioni stilistiche proposte.  Il cartone dell’Angelo, insieme al suo omologo non finito, rappresenta una delle prove finali certamente sottoposte al vaglio della commissione painiana.  Rispetto ai cartoni di Sartorio, ora conservati nel Seminario Arcivescovile di Messina, l’opera è fedelmente ancorata al dato tecnico del mosaico, vale a dire alle tessere che avrebbero composto l’immagine. La traduzione del cartone in mosaico, infatti, spettava a uno studio specializzato che avrebbe composto l’opera in studio incollando le tessere su strisce di carta che sarebbero state successivamente messe in opera sulle pareti della cattedrale.  Bocchi imposta tutta la figura dell’Angelo immaginando già non solo l’angolo d’incidenza della luce ma anche tutti i necessari accorgimenti tecnici affinché i contorni e i valori plastici della figura potessero trovare adeguato risalto anche nell’altezza delle navate. L’opera è il frutto di un filologico lavoro di studio degli esempi celebri del mosaico romano, Pietro Cavallini a Santa Maria in Trastevere (1291),  ma è anche l’espressione di un maestro dalla solidissima preparazione tecnica che affronta senza imbarazzo il linguaggio musivo tenendo fede alla cifra stilistica maturata a contatto con il modernismo europeo.  E’, infatti, difficile non rintracciare nelle mani oranti della figura, nei toni dell’epidermide e nell’attenta lavorazione dell’aureola, l’eco di Klimt e dell’arte mitteleuropea che Bocchi, tra i primi in Italia, inserì tra gli elementi costitutivi del suo peculiare ed elegante linguaggio. Sempre al museo Amedeo Bocchi di Parma è custodito un altro cartone con medesimo soggetto e di analoghe dimensioni, ma allo stato di disegno, ulteriore prova della meticolosità e della dedizione che il pittore dedicò alla commissione messinese senza vedere premiati, purtroppo, i suoi onorevoli sforzi. 

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