La tela fa parte del gruppo di quaranta opere presentate nella retrospettiva tenutasi nel 2008 al Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo Lillo Messina: il mare oltre 1997 - 2007. A partire dal 1992 Messina sviluppa il tema del mare reinventando la pittura iperrealista dalle tensioni metafisiche del decennio precedente. Isole panciute, geometrizzanti e falciformi diventano l’oggetto principale di vedute a volo d’uccello su paesaggi marini dai colori sgargianti e dalla morfologia ricca di varianti plastiche.
La tela fa parte del gruppo di quaranta opere presentate nella retrospettiva tenutasi nel 2008 al Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo Lillo Messina: il mare oltre 1997 - 2007. Dal 1992 Messina sviluppa il tema del mare reinventando la pittura iperrealista dalle tensioni metafisiche del decennio precedente. Isole panciute, geometrizzanti e falciformi diventano l’oggetto principale di vedute a volo d’uccello su paesaggi marini dai colori sgargianti e dalla morfologia ricca di varianti plastiche. La caratteristica falce della penisola di San Raineri, che chiude in un’insenatura il porto della città di Messina, sembra essere il “modello“ dell’isola di 23° Latitudine sud, e il prototipo delle altre, numerosissime, isole presenti nella produzione del periodo. La citazione geografica però è solo la partenza per una figurazione cui Messina lavora serialmente creando un atlante immaginario d’isole, scogli, promontori immersi in acque dagli effetti luminosi e cromatici dalla sensibilità post impressionista e puntinista, derivati dall’osservazione dagli effetti atmosferici sulla superficie del mare. Gli oggetti, i rifiuti i particolarissimi “aggeggi” marinari della sua produzione precedente diventano in 23° Latitudine sud linee e segni grafici, forme che si allungano in dolci traiettorie curvilinee, mentre arcipelaghi di piccole isole rosa, gialle, viola e verdi equilibrano le masse cromatiche rimanendo pure un poco tagliate fuori dalla rappresentazione pittorica, come una fotografia aerea che non riesce a cogliere tutta la vastità del paesaggio. Il titolo dell’opera rimanda al tropico del Capricorno, il luogo geografico in cui il Sole non raggiunge mai lo zen in 23° Latitudine sud, è piuttosto, al tramonto. Tutti i titoli delle opere presentate nella mostra di Castel Sant’Angelo appartengono a un vocabolario marinaresco di veri luoghi e coordinate geografiche in dialogo con una mappa poetica di pensieri e speculazioni, Dall’altra parte del mondo da qualche parte nel mare (2002), che nel mare e nel viaggio trova il luogo della riflessione sull’uomo e il suo destino nel mondo.
La tela fa parte del gruppo di quaranta opere presentate nella retrospettiva tenutasi nel 2008 al Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo Lillo Messina: il mare oltre 1997 - 2007. Dal 1992 Messina sviluppa il tema del mare reinventando la pittura iperrealista dalle tensioni metafisiche del decennio precedente. Isole panciute, geometrizzanti e falciformi diventano l’oggetto principale di vedute a volo d’uccello su paesaggi marini dai colori sgargianti e dalla morfologia ricca di varianti plastiche. La caratteristica falce della penisola di San Raineri, che chiude in un’insenatura il porto della città di Messina, sembra essere il “modello“ dell’isola di 23° Latitudine sud, e il prototipo delle altre, numerosissime, isole presenti nella produzione del periodo. La citazione geografica però è solo la partenza per una figurazione cui Messina lavora serialmente creando un atlante immaginario d’isole, scogli, promontori immersi in acque dagli effetti luminosi e cromatici dalla sensibilità post impressionista e puntinista, derivati dall’osservazione dagli effetti atmosferici sulla superficie del mare. Gli oggetti, i rifiuti i particolarissimi “aggeggi” marinari della sua produzione precedente diventano in 23° Latitudine sud linee e segni grafici, forme che si allungano in dolci traiettorie curvilinee, mentre arcipelaghi di piccole isole rosa, gialle, viola e verdi equilibrano le masse cromatiche rimanendo pure un poco tagliate fuori dalla rappresentazione pittorica, come una fotografia aerea che non riesce a cogliere tutta la vastità del paesaggio. Il titolo dell’opera rimanda al tropico del Capricorno, il luogo geografico in cui il Sole non raggiunge mai lo Zenith, e che in 23° Latitudine sud, è piuttosto, al tramonto. Tutti i titoli delle opere presentate nella mostra di Castel Sant’Angelo appartengono a un vocabolario marinaresco di veri luoghi e coordinate geografiche in dialogo con una mappa poetica di pensieri e speculazioni, Dall’altra parte del mondo da qualche parte nel mare (2002), che nel mare e nel viaggio trova il luogo della riflessione sull’uomo e il suo destino nel mondo. Pittore astronomo, pittore geografo, Messina raccoglie nella mostra di Castel Sant’Angelo il frutto della sua piena maturità artista (Strinati 2008). Il suo legame con il mare e la Sicilia è fortissimo, ribadito anche nella presenza in catalogo romano di un componimento in dialetto della poetessa messinese Maria Costa, ma non diventa mai uno stereotipo, un nostalgico e oleografico quadretto. La tradizione marinara della famiglia d’origine trova nel pittore una diversa forma d’esperienza, un’altra via per l’aggancio con i miti (Ulisse in primis) del mar Mediterraneo. La sua è una pittura moderna, tenacemente legata alla tecnica dell’olio, ma dalle forme e dai colori pienamente contemporanei. Alla mostra di Castel Sant’Angelo sono presenti anche alcune tavole sagomate che ricordano sia le lamiere di Lucio Fontana (Rosario 1899 – Milano 1968) sia le tele sagomate di Frank Stella (Malden 1936), Messina le ha realizzate a forma di vela, indicando ulteriormente la sua volontà di trasformare la pittura in uno strumento per il viaggio, per il transito filosofico, per l’avventura mentale, un’esplorazione la cui meta è spostata sempre in avanti: Il mare e oltre. I suoi “modelli geografici” sono le coste dell’amata Sicilia, ma l’artista li trasforma in forme archetipiche, rilievi e insenature che di volta in volta possono richiamare il seno materno o luoghi mitici, babelici (Carli 2008), dove il contemporaneo lascia le sue tracce sublimate nei frammenti colorati dei rifiuti, senza smorzare il tono alto, filosofico e trascendente che Messina predilige per la sua pittura interessata, infine, più alle grandi questioni dell’uomo, ai suoi miti, ai suoi dilemmi che alla contingenza di un’unica amata terra o ai problemi di una particolare epoca della storia umana.