Il linguaggio utilizzato nella realizzazione dell’edificio da parte del suo progettista, l'ingegnere Antonio Zanca, è lontano dal Liberty che invece aveva caratterizzato altre sue opere palermitane. In particolare l’ingegnere Zanca riconduce il linguaggio utilizzato nella redazione del suo progetto per il Municipio, nell’alveo della tradizione del classicismo ottocentesco allontanandosi dal Liberty che aveva già utilizzato nella capitale siciliana. L’impianto del complesso architettonico è basato su un corpo di fabbrica attraversato al suo interno da un grande corridoio che distribuisce alle stanze degli uffici. Le varie parti che servono per assicurare la funzionalità al Municipio risultano facilmente raggiungibili da ciascuno degli ingressi distribuiti, dimostrando che la pianta del fabbricato risulta ancora funzionalmente adeguata alle esigenze della città. L’edificio è realizzato con materiali siciliani: i prospetti sono decorati con pietra artificiale realizzata con un impasto di cemento e pietra di Comiso frantumata ed ossidi che realizzano un intonaco ad imitazione della pietra, così come tutti gli elementi decorativi utilizzano la tecnica dello stampo per realizzare capitelli, mostre, paraste ed in generale tutti quegli elementi decorativi che, soprattutto nel caso dell’architettura pubblica, dovevano costituire gli elementi formalmente qualificanti dell’architettura cittadina. Il sito del Municipio è da sempre stato un’area centrale della città, come dimostrano gli scavi archeologici effettuati all’interno del chiostro e dai quali è possibile osservare una successione stratigrafica che si estende dal periodo romano fino alla città preterremoto. I reperti ritrovati nel corso dello scavo sono in atto raccolti nel piccolo museo archeologico che trova posto in un’ala del piano cantinato dello stesso edificio municipale, realizzando un rapporto di consultazione immediata tra lo scavo, lasciato aperto alla pubblica fruizione, ed i reperti ivi rinvenuti.
Nel 1910 fu bandito un concorso nazionale al quale parteciparono dieci gruppi di progettisti. Il concorso fu vinto dal prof. arch. Calderoni, ma quando il progetto vincitore fu sottoposto all’approvazione del Ministero dei LL.PP. questo contravvenne il parere della Commissione giudicatrice del Concorso imponendo fosse espletato un nuovo concorso. Venne così stabilita una seconda commissione della quale facevano parte l’ing. Borzì, l’arch. Zanca ed altri due ingegneri romani. Il verdetto della Commissione fu unanime nel giudicare nuovamente vincitore del Concorso l’arch. Calderoni ma, per la seconda volta, il Ministero dei LL.PP. diede parere contrario al progetto. Fu così che l’ing. Luigi Borzì, Ingegnere Capo dell’Ufficio Tecnico del Comune di Messina e amico ed estimatore delle doti professionali dell’ing. arch. Antonio Zanca, lo propose come Progettista e come Direttore Artistico dei lavori di costruzione del nuovo Palazzo Municipale. Chiaramente la proposta raccolse molte critiche dalla stampa dell’epoca e dei tecnici contemporanei. L’ing. Zanca si affrettò ad elaborare il progetto di massima per consegnarlo all’Amministrazione Comunale ed al Consiglio Superiore dei LL.PP. per ottenere le approvazioni e, successivamente, elaborò il progetto definitivo. L’impresa alla quale venne affidato l’appalto fu la Ditta Arioti-D’Anna che concluse i lavori nel 1924, anche se alcune parti dell’edificio e le finiture rimasero incompiute fino al 1954. Il linguaggio utilizzato nella realizzazione dell’edificio è lontano dal Liberty che invece aveva caratterizzato altre opere di Zanca. In particolare l’ingegnere Zanca riconduce il linguaggio utilizzato nella redazione del suo progetto per il Municipio nell’alveo della tradizione del classicismo ottocentesco, allontanandosi dal Liberty che aveva già utilizzato nella capitale siciliana. L’impianto del complesso architettonico è basato su un corpo di fabbrica attraversato al suo interno da un grande corridoio che distribuisce alle stanze degli uffici. Le varie parti che servono per assicurare la funzionalità al Municipio risultano facilmente raggiungibili da ciascuno degli ingressi distribuiti, dimostrando che la pianta del fabbricato risulta ancora funzionalmente adeguata alle esigenze della città. L’edificio è realizzato con materiali siciliani: i prospetti sono decorati con pietra artificiale realizzata con un impasto di cemento e pietra di Comiso frantumata ed ossidi che realizzano un intonaco ad imitazione della pietra, così come tutti gli elementi decorativi utilizzano la tecnica dello stampo per realizzare capitelli, mostre, paraste ed in generale tutti quegli elementi decorativi che, soprattutto nel caso dell’architettura pubblica, dovevano costituire gli elementi formalmente qualificanti dell’architettura cittadina.
Il Palazzo del Senato cittadino ha una storia assai travagliata. Fu distrutto, quale punizione inflitta alla città di Messina, a seguito della rivolta antispagnola del 1674-78. Su quell’area venne posta una statua di Re Pietro realizzata con la fusione delle campane della Cattedrale. Riedificato nella Palazzata fu nuovamente distrutto dal terremoto del 1783 che recò gravi danni proprio all’edificio della palazzata che si snodava lungo la cortina del porto senza soluzione di continuità. Riedificato nuovamente nella Palazzata fu danneggiato internamente dal terremoto del 1908 mentre la facciata rimase integra. All’indomani del terremoto il problema di dare una sede alla municipalità si pose come uno dei problemi di maggiore pregnanza. Inizialmente l’ufficio comunale venne trasferito a bordo di una nave per potere essere messo in condizione di espletare le proprie attività che, dopo il terremoto, risultavano ancora più necessarie. Il palazzo del Municipio fu dunque uno di quelli il cui progetto fu avviato immediatamente dopo il terremoto. Nel 1910 fu bandito un concorso nazionale al quale parteciparono dieci gruppi di progettisti. Il concorso fu vinto dal prof. arch. Calderoni, ma quando il progetto vincitore fu sottoposto all’approvazione del Ministero dei LL.PP. questo contravvenne il parere della Commissione giudicatrice del Concorso che impose l’espletamento di un nuovo concorso. Venne così stabilita una seconda commissione della quale facevano parte l’ing. Borzì, l’arch. Zanca ed altri due ingegneri romani. Il verdetto della Commissione fu unanime nel giudicare nuovamente vincitore del Concorso l’arch. Calderoni ma, per la seconda volta, il Ministero dei LL.PP. diede parere contrario al progetto. Fu così che l’ing. Luigi Borzì, Ingegnere Capo dell’Ufficio Tecnico del Comune di Messina e amico ed estimatore delle doti professionali dell’ing. arch. Antonio Zanca, lo propose come Progettista e come Direttore Artistico dei lavori di costruzione del nuovo Palazzo Municipale. Chiaramente la proposta raccolse molte critiche sia dalla stampa dell’epoca sia dai tecnici contemporanei. L’ing. Zanca si affrettò ad elaborare il progetto di massima per consegnarlo all’Amministrazione Comunale ed al Consiglio Superiore dei LL.PP. per ottenere le approvazioni e, successivamente, elaborò il progetto definitivo. I tecnici comunali però, apertamente ostili al progettista, fecero resistenza per inviarlo al Consiglio Superiore dei LL.PP. tanto che fu necessaria l’autorità del Sindaco dell’epoca per superare l’incresciosa situazione che si era creata. La prima pietra fu posta l’8 dicembre del 1915 ma i lavori vennero subito sospesi per lo scoppio della prima guerra mondiale. L’impresa alla quale venne affidato l’appalto fu la Ditta Arioti - D’Anna che concluse i lavori nel 1924, anche se alcune parti dell’edificio e le finiture rimasero incompiute fino al 1954. L’ingegnere Zanca non ricevette alcun pagamento per la sua attività di Progettista e Direttore Artistico dei Lavori per diversi anni, come testimoniano le numerose lettere nelle quali egli rivendica la corresponsione delle somme dovutegli dall’Amministrazione Comunale. Il linguaggio utilizzato nella realizzazione dell’edificio è lontano dal Liberty che invece aveva caratterizzato altre opere di Zanca. In particolare egli riconduce il linguaggio utilizzato nella redazione del suo progetto per il Municipio nell’alveo della tradizione del classicismo ottocentesco, allontanandosi dal Liberty che aveva già utilizzato nella capitale siciliana. L’impianto del complesso architettonico è basato su un corpo di fabbrica attraversato al suo interno da un grande corridoio che distribuisce alle stanze degli uffici. Le varie parti che servono per assicurare la funzionalità al Municipio risultano facilmente raggiungibili da ciascuno degli ingressi distribuiti dimostrando che la pianta del fabbricato risulta ancora funzionalmente adeguata alle esigenze della città. L’edificio è realizzato con materiali siciliani: i prospetti sono decorati con pietra artificiale realizzata con un impasto di cemento e pietra di Comiso frantumata ed ossidi che realizzano un intonaco ad imitazione della pietra, così come tutti gli elementi decorativi utilizzano la tecnica dello stampo per realizzare capitelli, mostre, paraste ed in generale tutti quegli elementi decorativi che, soprattutto nel caso dell’architettura pubblica, dovevano costituire gli elementi formalmente qualificanti dell’architettura cittadina. Il sito del Municipio è da sempre stato un’area centrale della città come dimostrano gli scavi archeologici effettuati all’interno del chiostro e dai quali è possibile osservare una successione stratigrafica che si estende dal periodo romano fino alla città preterremoto. I reperti ritrovati nel corso dello scavo sono in atto raccolti nel piccolo museo archeologico che trova posto in un’ala del piano cantinato dello stesso edificio municipale, realizzando un rapporto di consultazione immediata tra lo scavo, lasciato aperto alla pubblica fruizione, ed i reperti ivi rinvenuti.