L’isolato 204 fu realizzato anch’esso nel 1916 su progetto dell’ingegnere Guido Viola anche se il primo comparto venne progettato nel 1934 dall’ingegnere Antonio Ricciardi, progettista anche di altri edifici che sorgono lungo la via Tommaso Cannizzaro. Il suo titolo, conseguito presso l’Istituto di Belle Arti di Firenze, non gli consentiva di firmare i progetti per cui intraprese una collaborazione con l’ing. Guido Viola e successivamente intraprese una collaborazione con l’ing. Domenico Pandolfo con il quale costituì una impresa di costruzioni che operò nella ricostruzione della città di Messina.
L’isolato 204 fu realizzato anch’esso nel 1916 su progetto dell’ingegnere Guido Viola anche se il primo comparto venne progettato nel 1934 dall’ingegnere Antonio Ricciardi, progettista anche di altri edifici che sorgono lungo la via Tommaso Cannizzaro. Il suo titolo, conseguito presso l’Istituto di Belle Arti di Firenze, non gli consentiva di firmare i progetti per cui intraprese una collaborazione con l’ing. Guido Viola e successivamente intraprese una collaborazione con l’ing. Domenico Pandolfo con il quale costituì una impresa di costruzioni che operò nella ricostruzione della città di Messina. Anche nel caso dell’isolato 204, detto villino Cesareo dal nome del suo committente, la realizzazione fu affidata all’Unione Edilizia Messinese che, in ottemperanza al suo mandato, aveva assunto i diritti a mutuo del prof. Cesareo. Il linguaggio che manifesta l’architettura del primo comparto dell’isolato è informato all’art decò, intesa come quel linguaggio che, rompendo con le tradizioni del passato, evolvevano nel periodo successivo alle manifestazioni liberty e che trovavano la loro massima risonanza nel periodo tra le due guerre.
L’isolato 204 fu realizzato anch’esso nel 1916 su progetto dell’ingegnere Guido Viola anche se il primo comparto venne progettato nel 1934 dall’ingegnere Antonio Ricciardi, progettista anche di altri edifici che sorgono lungo la via Tommaso Cannizzaro. Il suo titolo, conseguito presso l’Istituto di Belle Arti di Firenze, non gli consentiva di firmare i progetti per cui intraprese una collaborazione con l’ing. Guido Viola e successivamente intraprese una collaborazione con l’ing. Domenico Pandolfo con il quale costituì una impresa di costruzioni che operò nella ricostruzione della città di Messina. Anche nel caso dell’isolato 204, detto villino Cesareo dal nome del suo committente, la realizzazione fu affidata all’Unione Edilizia Messinese che, in ottemperanza al suo mandato, aveva assunto i diritti a mutuo del prof. Cesareo. Il linguaggio che manifesta l’architettura del primo comparto dell’isolato è informato all’art decò, intesa come quel linguaggio che, rompendo con le tradizioni del passato, evolvevano nel periodo successivo alle manifestazioni liberty e che trovavano la loro massima risonanza nel periodo tra le due guerre. Il fabbricato a due elevazioni fuori terra è dotato di un piano seminterrato che sopraeleva di circa sessanta centimetri il piano di calpestio del piano nobile da quello del marciapiede, consentendo di realizzare un basamento di colore più scuro che ne facilita la lettura delle varie porzioni dei prospetti. Il fabbricato è dotato di due ingressi che si aprono sulle facciate a est e a ovest ed evidenziano una gerarchizzazione dei tre fronti liberi, stante la comunione della parete nord del fabbricato con quello che insiste nel comparto limitrofo. Le aperture del piano terreno sono sottolineate da differenti trattamenti lungo le facciate così come quelle del primo livello risultano ancora diverse da quelle presenti al piano rialzato. Tali aperture, monofore, bifore o trifore, sono incorniciate da paraste o da semicolonne e risultano concluse da archi a sesto ribassato al piano rialzato e da archi a tutto sesto al piano superiore. Il fabbricato risulterebbe speculare sull’asse nord-sud se non fosse per la differente configurazione dei due angoli del livello superiore che a sinistra è chiuso da un muro che delimita l’ambiente posto al di sopra dell’ingresso lato ovest, mentre risulta aperto sul lato destro dove vi è un terrazzino padronale con il suo parapetto decorato con una balaustra in cemento armato che caratterizza l’angolo sud est del fabbricato. Anche in questo caso un intervento non filologicamente corretto ha provveduto a modificare la caratterizzazione originaria delle superfici che veniva affidata all’impiego di impasti cementizi addizionati a polveri e graniglie di marmo.