Nel 1913 venne affidato l’appalto per la costruzione dell’edificio alla Ditta Domenico Visalli che lo realizzò nei due anni successivi. L’edificio è uno dei quattro che configurano la Piazza Antonello, ciascuno con un porticato che ne evidenzia analogie e ne mette a confronto le diversità dei differenti prospetti che, anche da un punto di vista simbolico, rappresentano il maggiore punto focale della città. La struttura dell’edificio è in muratura confinata con una struttura in travi e pilastri di cemento armato secondo quanto prescritto dalla normativa antisismica che, a sua volta, costituiva la trasposizione realizzata con i nuovi materiali, primo tra tutti il cemento armato. Nel corso della sua costruzione sono emersi strati di epoca ellenistica e romana.
L’ex palazzo delle Poste venne progettato dall’architetto senese Vittorio Mariani, già progettista di diversi edifici sia pubblici che privati a Siena e a Grosseto. È proprio a Grosseto che vince un concorso di progettazione per il Palazzo del Governo dove impiega una facciata curvilinea che adotta anche nel progetto del palazzo delle poste di Messina. Probabilmente il concorso di Grosseto costituisce un antefatto significativo per la realizzazione della facciata curvilinea prospiciente la piazza Antonello dell’edificio messinese, che occupa l’intero isolato 317 del PR di Messina. L’edificio delle Poste fu una di quelle architetture che rappresentavano la forte volontà di rinascita di una città appena colpita dal disastroso evento tellurico e per i quali venne dato incarico diretto a professionisti di chiara fama in luogo di un concorso nazionale che avrebbe richiesto tempi di attuazione più lunghi. Nel 1913 venne affidato l’appalto per la costruzione dell’edificio alla Ditta Domenico Visalli che lo realizzò nei due anni successivi. L’edificio è uno dei quattro che configurano la Piazza Antonello, ciascuno con un porticato che ne evidenzia analogie e ne mette a confronto le diversità dei differenti prospetti che, anche da un punto di vista simbolico, rappresentano il maggiore punto focale della città. La struttura dell’edificio è in muratura confinata con una struttura in travi e pilastri di cemento armato secondo quanto prescritto dalla normativa antisismica. L’ingresso principale dell’edificio è localizzato nella facciata curva che prospetta la piazza Antonello, caratterizzata da uno scalone in pietra che da accesso ad un primo chiostro con giardino di forma quadrata sul quale si aprivano le postazioni a diretto contatto con il pubblico, realizzando uno schema funzionalmente efficace dotato di ampia flessibilità, stante il collegamento interno delle postazioni. Un secondo chiostro di forma irregolare consentiva di dare luce agli ambienti più ad est. Si ha notizia di disparati ritrovamenti archeologici di materiale ellenistico-romano nel corso dello scavo necessario per fondare l’edificio.
L’ex palazzo delle Poste venne progettato dall’architetto senese Vittorio Mariani, già progettista di diversi edifici sia pubblici che privati a Siena e a Grosseto. È proprio a Grosseto che vince un concorso di progettazione per il Palazzo del Governo dove impiega una facciata curvilinea che adotta anche nel progetto del palazzo delle poste di Messina. Probabilmente il concorso di Grosseto costituisce un antefatto significativo per la realizzazione della facciata curvilinea prospiciente la piazza Antonello dell’edificio messinese, che occupa l’intero isolato 317 del PR di Messina. L’edificio delle Poste fu una di quelle architetture che rappresentavano la forte volontà di rinascita di una città appena colpita dal disastroso evento tellurico e per i quali fu affidato incarico diretto a professionisti di chiara fama in luogo di un concorso nazionale che avrebbe richiesto tempi di attuazione più lunghi. Nel 1913 venne affidato l’appalto per la costruzione dell’edificio alla Ditta Domenico Visalli che lo realizzò nei due anni successivi. L’edificio è uno dei quattro che configurano la Piazza Antonello, ciascuno con un porticato che ne evidenzia analogie e ne mette a confronto le diversità dei differenti prospetti che, anche da un punto di vista simbolico, rappresentano il maggiore punto focale della città. L’edificio è in muratura confinata con una struttura in travi e pilastri di cemento armato secondo quanto prescritto dalla normativa antisismica che, a sua volta, costituiva la trasposizione realizzata con i nuovi materiali - primo tra tutti il cemento armato - della logica costruttiva desunta dalla casa baraccata con struttura in legno realizzata in grande scala dal governo borbonico dopo il terremoto del 1783. L’ingresso principale dell’edificio si apre nella facciata curva che prospetta su piazza Antonello. Ad esso si accede mediante uno scalone in pietra che immette in un primo chiostro di forma quadrata che circonda un giardino sul quale si aprivano le postazioni a diretto contatto con il pubblico realizzando uno schema funzionalmente efficace dotato di ampia flessibilità, stante il collegamento interno delle postazioni. Un secondo chiostro di forma irregolare consentiva di dare luce agli ambienti più ad est. Il linguaggio eclettico utilizzato dall’architetto Mariani, pur informato all’architettura rinascimentale, è permeato dal liberty in voga in quegli anni. L’individuazione della funzione dell’edificio è rappresentata dalla decorazione nel fregio del portico in cui, oltre agli usuali festoni a motivi fitomorfi, sono rappresentati putti in veste di postini e telegrafisti realizzati a stucco di cemento. L’elemento qualificante è costituito dagli elementi decorativi utilizzati nelle facciate in pietra artificiale che, anche in questo caso, non sono apprezzabili perché occultate da un pessimo intervento di restauro con impiego di materiali non compatibili con gli intonaci preesistenti. La pietra artificiale utilizzata nel periodo della ricostruzione di Messina era realizzata con impasti cementizi ai quali erano mescolate polveri e graniglie in proporzioni variabili, tali da riuscire ad imitare alla perfezione le principali pietre da costruzione utilizzate in edilizia. La lavorazione superficiale degli intonaci così ottenuti veniva realizzata con attrezzi opportuni che ne definissero le texture volute, così da simulare l’impiego della pietra. Gli elementi decorativi venivano anch’essi realizzati con la tecnica dello stampo di gesso che permetteva di economizzare sui materiali e di velocizzare l’andamento dei lavori ottenendo risultati di grande valenza formale, com’è possibile riscontare negli edifici che non sono mai stati restaurati (o nei pochissimi edifici in cui i lavori sono stati diretti secondo un’ottica filologicamente corretta). Si ha notizia di disparati ritrovamenti archeologici di materiale ellenistico-romano nel corso dello scavo necessario per fondare l’edificio.