Condotta all’insegna di una indagine sui luoghi della terra natale dell'autore, la scrittura di Marta d’Elicona contamina trasfigurazione romanzesca e dimensione antropologica, raccontando la storia di una pastorella guaritrice tra i boschi dei Nebrodi. Al centro della vicenda, dal sapore mitico, c’è la figura femminile di Marta, figlia del pastore Gregorio Sprina, e della sua famiglia, raccontata sullo sfondo di una società arcaica che cede progressivamente all’invasione di nuovi costumi e abitudini.
Condotta all’insegna di una indagine sui luoghi della terra natale dell'autore, la scrittura di Marta d’Elicona contamina trasfigurazione romanzesca e dimensione antropologica, raccontando la storia di una pastorella guaritrice tra i boschi dei Nebrodi. Al centro della vicenda, dal sapore mitico, c’è la figura femminile di Marta, figlia del pastore Gregorio Sprina, e della sua famiglia, raccontata sullo sfondo di una società arcaica che cede progressivamente all’invasione di nuovi costumi e abitudini. Pubblicato per la prima volta nel 1987, il romanzo è il quarto di Melo Freni, che, recuperando anche nella vastissima produzione successiva i motivi ispiratori del proprio universo creativo, celebra sin dagli esordi narrativi e poetici l’intenso e viscerale rapporto con la Sicilia, le sue storie e la sua memoria. Il mondo dell’isola, con le sue tonalità chiaroscurali, si erge infatti a vero e proprio protagonista della scrittura, che, impastata di autobiografismo e impegno civile, fa dei luoghi d’origine dell’autore più di un semplice sfondo per l’ambientazione delle vicende narrate. In particolare, lo scenario del romanzo si colloca in un lembo di terra carico di allusioni ad un sostrato magico e ancestrale, l’altopiano dell’Argimusco, dominato da Megaliti che simboleggiano il perdurare di una condizione antica e immutabile, nel segno di un’armonia tra mondo umano e mondo naturale destinata a scandire da tempo incalcolabile l’esistenza dei pastori. Qui fa irruzione il progresso, che sconvolgerà quel piccolo cosmo, alterando per sempre sia il sistema di vita e di relazioni che l’intero assetto economico e sociale dell’Elicona, i cui segni più evidenti sono rappresentati dalla marginalità e dal lento declino della condizione pastorale. Ma, come sempre nei romanzi di Freni, il passaggio della storia si intreccia con le vicissitudini personali dei protagonisti, che ruotano attorno al rapporto tra Marta e il fratello Gaetano, figure tragiche di una favola filosofica densa di riferimenti agli archetipi della classicità, cui il romanzo, sin dall’aforisma sofocleo posto in epigrafe (“Il potere del fato sgomenta”), sembra dedicarsi.
Circola nel romanzo, nonostante la presenza delle automobili o della televisione che lo datano inequivocabilmente ai giorni nostri, qualcosa di antico, di maestoso e singolarmente “classico”, come una persistenza dell’eredità dell’immobile mondo primitivo che naturalmente rifiuta ogni contaminazione con il mondo moderno, e lascia fermentare le passioni in un’atmosfera da congegno greco, con il taglio, la cadenza e la nobiltà di certi drammi classici, appunto, come quando, nel declinante agosto, durante la festa di Nostra Signora della Provvidenza che riporta all’Elicona persino gli emigrati oltre oceano, la vicenda, preparata sinora per accenni e rimandi che si dilatano come la risonanza dell’eco nella vallata, tocca il culmine e si fa, con l’improvvisa inattesa intrusione del terremoto (altro elemento “fatalistico”), tragedia. (Prisco 1990, p. 227)