Scultrice dalla tecnica raffinata e colta e dal disegno morbido e avviluppante Sara Teresano è un artista dalla personale e definita cifra stilistica. La sua iconografia di veneri abbondanti e ballerine, i suoi semi di marmo e i suoi fiori di sale appartengono a unico orizzonte estetico dalla matrice eminentemente femminina. Materia - corpo - femminilità sono gli aspetti più evidenti della sua produzione, spesso agganciata ai grandi miti della cultura mediterranea: Afrodite dagli occhi azzurri (2007), Trinacria (2008), Medusa (2010) etc.
Scultrice dalla tecnica raffinata e colta e dal disegno morbido e avviluppante Sara Teresano è un artista dalla personale e definita cifra stilistica. La sua iconografia di veneri abbondanti e ballerine, i suoi semi di marmo e i suoi fiori di sale appartengono a unico orizzonte estetico dalla matrice eminentemente femminina. Materia - corpo - femminilità sono gli aspetti più evidenti della sua produzione, spesso agganciata ai grandi miti della cultura mediterranea: Afrodite dagli occhi azzurri (2007), Trinacria (2008), Medusa (2010) etc. Le sue veneri, direttamente imparentate, come accortamente rilevato da Giampaolo Chillè[1], dalle note “grandi madri” preistoriche (Willendorf, Laspugue, Malta etc.), lo spettatore è colpito dalla semplicità, dalla bellezza e dall’eleganza del loro preciso e avvolgente disegno. Le loro curve sinuose e dolci esaltano la ricchezza della natura, la bellezza della materia, che la Teresano modella con una sorvegliata ed elegante alchimia, in profondo rapporto coi materiali usati, che lei stessa ricerca sui greti dei torrenti e nelle cave abbandonate. Queste figure gioiose, a tratti ironicamente vanitose (Aurora), pensose, e sognanti, sembrano piccoli idoli dal primitivo afflato religioso. Queste sculture morbide e seducenti paiono celebrare le forze generatrici della natura, la sua sostanza fisica, la sua materia di cui l’arte rappresenta una maieutica, una raffinata “levatura”. Tuttavia, i riferimenti sono molteplici, come nei puttini delle Stagioni, che sembrano echeggiare certi ex voto in cera tipici dell’arte siciliana (Autunno). Queste figure dagli occhi chiusi, sognanti, invitano lo spettatore a entrare in una dimensione onirica, sacra, fuori dal tempo misurato dagli uomini, rappresentazione di quel continuo mutare che la natura manifesta nei suoi cicli eterni.
Scultrice dalla tecnica raffinata e colta e dal disegno morbido e avviluppante Sara Teresano è un artista dalla personale e definita cifra stilistica. La sua iconografia di veneri abbondanti e ballerine, i suoi semi di marmo e i suoi fiori di sale appartengono a unico orizzonte estetico dalla matrice eminentemente femminina. Materia - corpo - femminilità sono gli aspetti più evidenti della sua produzione, spesso agganciata ai grandi miti della cultura mediterranea: Afrodite dagli occhi azzurri (2007), Trinacria (2008), Medusa (2010) etc. Le sue veneri, direttamente imparentate, come accortamente rilevato da Giampaolo Chillè[1], dalle note “grandi madri” preistoriche (Willendorf, Laspugue, Malta etc.), lo spettatore è colpito dalla semplicità, dalla bellezza e dall’eleganza del loro preciso e avvolgente disegno. Le loro curve sinuose e dolci esaltano la ricchezza della natura, la bellezza della materia, che la Teresano modella con una sorvegliata ed elegante alchimia, in profondo rapporto coi materiali usati, che lei stessa ricerca sui greti dei torrenti e nelle cave abbandonate. Queste figure gioiose, a tratti ironicamente vanitose (Aurora), pensose, e sognanti, sembrano piccoli idoli dal primitivo afflato religioso. Queste sculture morbide e seducenti paiono celebrare le forze generatrici della natura, la sua sostanza fisica, la sua materia di cui l’arte rappresenta una maieutica, una raffinata “levatura”. Tuttavia, i riferimenti sono molteplici, come nei puttini delle Stagioni, che sembrano echeggiare certi ex voto in cera tipici dell’arte siciliana (Autunno). Queste figure dagli occhi chiusi, sognanti, invitano lo spettatore a entrare in una dimensione onirica, sacra, fuori dal tempo misurato dagli uomini, rappresentazione di quel continuo mutare che la natura manifesta nei suoi cicli eterni.