Architecture fa parte del nucleo di opere esposte alla mostra della Galleria Morone di Milano, nel maggio del 2009. L’opera, un quadrato 100 x 100 d’olio su tela, appartiene agli esiti più recenti dell’estetica di Freiles. Spazio, colore e luce, variamente interpretati dalla sua ricca bibliografia critica, offrono qui lo spunto per una riflessione a tutto tondo sull’arte di questo pittore.
Architecture fa parte del nucleo di opere esposte alla mostra della Galleria Morone di Milano, nel maggio del 2009. L’opera, un quadrato 100 x 100 d’olio su tela, appartiene agli esiti più recenti dell’estetica di Freiles. Spazio, colore e luce, variamente interpretati dalla sua ricca bibliografia critica, offrono qui lo spunto per una riflessione a tutto tondo sull’arte di questo pittore.Dividendo il quadrato a metà, facendo del mezzo l’orizzonte, Freiles quadra le sue forme geometriche suggerendo quello che sembrerebbe il suolo di una costruzione solida, tagliata da linee sottilmente imperfette, a tratti scancellate. Cornici, bianche, come brani di muro ridipinto su cui è stata strappata la tinta appena passata, formano questa specie di porta, ingresso cosmico, forse un patibolo, forse una via d’accesso. Rothko e le sue meditativi e aurorali rettangoli luminosi sembrano tra i probabili ispiratori di questo dipinto. Tuttavia la luce è totalmente di Freiles, come il gioco di geometrie, le lame di colore sopravvissute, forse di un poligono scomparso, che restituisce l’idea spaziale di un luogo non oggettivo. L’arte dello spazio, architettura quindi, che è poi in Freiles è anche arte dello spazio creato da zero, modellato per divenire supporto (Chartae). Architettura richiamata nel titolo e anche nel contenuto. Squadrature che ricordano i marchingegni prospettici dei pittori matematici rinascimentali, o le linee dure della ricostruita Messina che combatte la potenza cromatica dello Stretto, con gli angoli smussati e le tinte ferite dei suoi palazzi grigi. Tuttavia, per quanto mediterranea[1] sia la luce, l’architettura solida e il colore, il confronto è, per qualità, con la cultura internazionale, con la modernità, nel segno del modernismo della pittura, intellettualmente interrogata dai mille possibilità esplorative, da mille dubbi sulla legittimità sulla sua esistenza. Dubbi che, in verità, Freiles risolve nella sequenza delle sue opere, figlie di un unico grande ragionamento, parti di un’unica grande opera. Come buon uso tra gli artisti di tutti i tempi.
[1] “Freiles è un pittore di luce mediterranea. Non teme il clamoroso splendore dei gialli che Goethe apparvero, giustamente, i colori più difficile di qualsiasi pittore.”. Vittorio Fagone in Le Chartae di Antonio Freiles, catalogo della mostra alla Chiesa del Carmine, Edizioni 2RC, Milano, 1989, p. 12.
Architecture fa parte del nucleo di opere esposte alla mostra della Galleria Morone di Milano, nel maggio del 2009. L’opera, un quadrato 100 x 100 d’olio su tela, appartiene agli esiti più recenti dell’estetica di Freiles. Spazio, colore e luce, variamente interpretati dalla sua ricca bibliografia critica, offrono qui lo spunto per una riflessione a tutto tondo sull’arte di questo pittore.Dividendo il quadrato a metà, facendo del mezzo l’orizzonte, Freiles quadra le sue forme geometriche suggerendo quello che sembrerebbe il suolo di una costruzione solida, tagliata da linee sottilmente imperfette, a tratti scancellate. Cornici, bianche, come brani di muro ridipinto su cui è stata strappata la tinta appena passata, formano questa specie di porta, ingresso cosmico, forse un patibolo, forse una via d’accesso. Rothko e le sue meditativi e aurorali rettangoli luminosi sembrano tra i probabili ispiratori di questo dipinto. Tuttavia la luce è totalmente di Freiles, come il gioco di geometrie, le lame di colore sopravvissute, forse di un poligono scomparso, che restituisce l’idea spaziale di un luogo non oggettivo. L’arte dello spazio, architettura quindi, che è poi in Freiles è anche arte dello spazio creato da zero, modellato per divenire supporto (Chartae). Architettura richiamata nel titolo e anche nel contenuto. Squadrature che ricordano i marchingegni prospettici dei pittori matematici rinascimentali, o le linee dure della ricostruita Messina che combatte la potenza cromatica dello Stretto, con gli angoli smussati e le tinte ferite dei suoi palazzi grigi. Tuttavia, per quanto mediterranea[1] sia la luce, l’architettura solida e il colore, il confronto è, per qualità, con la cultura internazionale, con la modernità, nel segno del modernismo della pittura, intellettualmente interrogata dai mille possibilità esplorative, da mille dubbi sulla legittimità sulla sua esistenza. Dubbi che, in verità, Freiles risolve nella sequenza delle sue opere, figlie di un unico grande ragionamento, parti di un’unica grande opera. Come buon uso tra gli artisti di tutti i tempi. “Si è detto, non senza ragione, che la più che trentennale parabola artistica di Antonio Friles si può sintetizzare nella necessità quasi ossessiva di realizzare un’unica opera. […]tutto il lavoro di Freiles ruota attorno a un unico centro persistente, ma nello stesso tempo si sviluppa attraverso gli anni in più direzioni, procedendo per fasi che hanno spostato considerevolmente i mezzi e le tecniche e arricchito, invece di contraddirlo quel nucleo motore, che era è e rimane la linfa vitale della sua ricerca. […] Il baricentro della poetica e dell’opera di Freiles è la pittura – sostanza.”. Osservando la serie di tele che accompagnò Architecture alla mostra milanese la lettura critica di Mario Bertoni pare più che giustificata dalla scansione, rigorosa, quasi modulare, che l’artista acconcia nelle sue tele. In un susseguirsi regolare di approcci, il quadro è attaccato da ogni parte, scandito dalla geometrica che ne definisce infinite variazioni di campo, ne vaglia le possibili suggestioni lineari, mentre il colore pulsa in allusive superfici che la cromia di volta in volta traveste di carnose possibilità tattili. Vi è in questa pittura uno speciale spirito musicale minimo e solido, che su un ritmo semplice, quello modulare delle geometrie, irrompe con distese armoniche di puro colore, come lunghissime e fitte note. Freiles appartiene alla prolifica schiatta dei pittori modernisti del mezzogiorno d’Europa. La sua è una pittura mentale ma mai fredda, erede degli occhi architettonici con cui l’uomo mediterraneo ha percepito e modellato il potente paesaggio in cui è immerso, ereditandone un naturale senso per l’armonia, l’equilibrio e un enorme piacere per la vita.
[1] “Freiles è un pittore di luce mediterranea. Non teme il clamoroso splendore dei gialli che Goethe apparvero, giustamente, i colori più difficile di qualsiasi pittore.”. Vittorio Fagone in Le Chartae di Antonio Freiles, catalogo della mostra alla Chiesa del Carmine, Edizioni 2RC, Milano, 1989, p. 12.