L’isolato 311 del piano regolatore di Messina è occupato in parte da un edificio attribuito a Gino Coppedè a causa degli intonaci decorativi che ne ricoprono le superfici. Anche se lo stato di degrado non permette di apprezzare appieno le caratteristiche di questo edificio ciò che si conserva consente di formulare un giudizio sulla complessità dei disegni e sulle capacità tecniche delle maestranze.
L’isolato 311 del piano regolatore di Messina è occupato in parte da un edificio attribuito a Gino Coppedè a causa degli intonaci decorativi che ne ricoprono le superfici. Anche se lo stato di degrado non permette di apprezzare appieno le caratteristiche di questo edificio ciò che si conserva consente di formulare un giudizio sulla complessità dei disegni e sulle capacità tecniche delle maestranze. Il linguaggio utilizzato nella costruzione di questo edificio si rifà al medioevo siciliano prendendo in prestito forme e stilemi della tradizione passata. L’edificio è così detto a causa delle api che compaiono nelle decorazioni delle modanature delle finestre che recano decori in rilievo le cui forme rimandano all’architettura del XII e XIII secolo. Le specchiature lisce sono realizzate con intonaci graffiti che riproducono delle decorazioni a spirale incise nelle superfici stesse ed in corrispondenza degli angoli, tali graffiti, si avvolgono alle colonnine d’angolo acquistando corpo e divenendo plastiche. Le cornici delle finestre, così come i parapetti dei balconi, sono realizzate utilizzando una ricchezza di forme che conferisce qualità a tutto l’edificato. Le mensole dei balconi sono realizzate con pendentif che sembrano ostentare le possibilità offerte dai nuovi materiali (il cemento armato) costituendo una sorta di citazione all'opera di Perret.
L’isolato 311 del piano regolatore di Messina è occupato in parte da un edificio attribuito a Gino Coppedè a causa degli intonaci decorativi che ne ricoprono le superfici. Anche se lo stato di degrado non permette di apprezzare appieno le caratteristiche di questo edificio ciò che si conserva consente di formulare un giudizio sulla complessità dei disegni e sulle capacità tecniche delle maestranze. Il linguaggio utilizzato nella costruzione di questo edificio si rifà al medioevo siciliano prendendo in prestito forme e stilemi della tradizione passata. L’edificio è così detto a causa delle api che compaiono nelle decorazioni delle modanature delle finestre che recano decori in rilievo le cui forme rimandano all’architettura del XII e XIII secolo. Le specchiature lisce sono realizzate con intonaci graffiti che riproducono delle decorazioni a spirale incise nelle superfici stesse ed in corrispondenza degli angoli, tali graffiti, si avvolgono alle colonnine d’angolo acquistando corpo e divenendo plastiche. Le cornici delle finestre, così come i parapetti dei balconi, sono realizzate utilizzando una ricchezza di forme che conferisce qualità tutto l’edificato. Le mensole dei balconi sono realizzate con dei pendentif che sembrano ostentare le possibilità offerte dai nuovi materiali (il cemento armato) costituendo una sorta di citazione della casa al 25 di Rue Franklyn di Auguste Perret. Il vasto repertorio figurativo utilizzato nella definizione delle facciate sottende ad una grande capacità tecnica sia progettuale ma soprattutto materiale nell’immaginare le forme e nel renderle facendo ricorso ad altorilievi formati con impasti in graniglie di marmo. Le aperture del piano terra sono caratterizzate da finti archi in cemento armato celati sotto gli stucchi cementizi. Le differenti parti del prospetto, basamento, sviluppo verticale e copertura sono ricoperte di un intonaco lavorato a punta di cazzuola che copre quello originario realizzato a graffito. Il cornicione esistente individua l’altezza dell’originario edificio che è stato sopraelevato in due occasioni successive e che nel corso degli anni è stato sempre di più assoggettato ad interventi non adeguati alle necessità del palazzo.