La Madonnina del Porto di Messina

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Testo Ridotto: 

La leggenda narra che nel 42 d.C. San Paolo venne a Messina, trovando nella città una grande accoglienza. Alcuni messinesi seguirono San Paolo nel suo viaggio in Palestina incontrando Maria che rispose all’atto di devozione con una lettera nella quale assicurava alla città perpetua protezione. La stele della Madonna delle Lettera (1934) è alta sessanta metri, mentre la scultura, realizzata da Tore Calabrò, poggia su un globo di rame dorato su cui svetta la statua della Vergine benedicente.

Testo Medio: 

La leggenda della chiesa Messinese narra che nel 42 d.C. San Paolo venne a Messina, trovando nella città grande entusiasmo per la predicazione del Vangelo.  Alcuni messinesi seguirono San Paolo nel suo viaggio in Palestina incontrando Maria che rispose all’atto di devozione con una lettera nella quale assicurava alla città perpetua protezione. La stele della Madonna delle Lettera (1934) è alta sessanta metri, mentre la scultura, realizzata da Tore Calabrò, poggia su un globo di rame dorato su cui svetta la statua della Vergine benedicente, realizzata su modello della scultura in argento di Lio Gangeri  (Messina, 1 giugno 1845 – Salerno, 5 febbraio 1913) portata in processione il 3 giugno di ogni anno, in occasione della festa della Santa Patrona.La statua, in bronzo dorato, è alta 7 metri ed è stata realizzata, su progetto dell'artista, dalla ditta Cerri di Milano. Cava internamente e impostata su un’armatura di ferro, è costituita da lamine di rame saldate e da un sistema di perni rivettati.  Nel 1998 un’approfondita campagna di restauro, curata dalla Soprintendenza dei Beni Culturali di Messina, ripristinò l’antica doratura in oro zecchino, unitamente al consolidamento dell’intera stele su cui fu posto un grande orologio che scandì il countdown del nuovo millennio. La scultura, insieme al suo piedistallo, è diventata il più importante landmark del paesaggio urbano della città. Insieme al Campanile del Duomo, l’edificio più alto tra le architetture messinesi, l’opera segna simbolicamente l’ingresso dei viaggiatori dentro il porto, vale a dire costituisce il biglietto da visita e scandisce solennemente l’identità  culturale e religiosa di Messina. D’altra parte, l’arcivescovo Paino che volle costruirla, con essa sigillò definitivamente il suo operato di ricostruttore della città terremotata, grazie alla massiccissima mole d’investimenti attivati dalla chiesa in un rapporto privilegiato con il neonato governo di Benito Mussolini[1].  Tuttavia, la celebrazione di questo rapporto tra la chiesa e la città, vede in quest’opera una volontà di abbracciare e propagare la “modernità”.

 


[1] “La data fatidica che modifica la storia della ricostruzione di Messina è quella del 22 giugno 1923, giorno in cui il Duce visita la città.[…] come conseguenza di quella visita a cominciare dal 21 marzo del 1925 e poi 21 giugno 1928, sino al 12 giugno 1931 vengono personalmente stipulate convenzioni tra Mussolini e Monsignor Paino, Arcivescovo di Messina, che permetteranno di finanziare completamente un ingentissimo programma di chiese, istituti di istruzione religiosa, istituti di beneficenza ed assistenza, asili , seminari.”.  Francesco Cardullo, La ricostruzione di Messina 1909 – 1940, Officina edizioni, Roma, 1993, p. 24.

 

Testo Esteso: 

La leggenda della chiesa Messinese narra che nel 42 d.C. San Paolo venne a Messina, trovando nella città grande entusiasmo per la predicazione del Vangelo.  Alcuni messinesi seguirono San Paolo nel suo viaggio in Palestina incontrando Maria che rispose all’atto di devozione con una lettera nella quale assicurava alla città perpetua protezione. La stele della Madonna delle Lettera (1934) è alta sessanta metri, mentre la scultura, realizzata da Tore Calabrò, poggia su un globo di rame dorato su cui svetta la statua della Vergine benedicente, realizzata su modello della scultura in argento di Lio Gangeri  (Messina, 1 giugno 1845 – Salerno, 5 febbraio 1913) portata in processione il 3 giugno di ogni anno, in occasione della festa della Santa Patrona. La statua, in bronzo dorato, è alta 7 metri ed è stata realizzata, su progetto dell'artista, dalla ditta Cerri di Milano. Cava internamente e impostata su un’armatura di ferro, è costituita da lamine di rame saldate e da un sistema di perni rivettati.  Nel 1998 un’approfondita campagna di restauro, curata dalla Soprintendenza dei Beni Culturali di Messina, ripristinò l’antica doratura in oro zecchino, unitamente al consolidamento dell’intera stele su cui fu posto un grande orologio che scandì il countdown del nuovo millennio. La scultura, insieme al suo piedistallo, è diventata il più importante landmark del paesaggio urbano della città. Insieme al Campanile del Duomo, l’edificio più alto tra le architetture messinesi, l’opera segna simbolicamente l’ingresso dei viaggiatori dentro il porto, vale a dire costituisce il biglietto da visita e scandisce solennemente l’identità  culturale e religiosa di Messina. D’altra parte, l’arcivescovo Paino che volle costruirla, con essa sigillò definitivamente il suo operato di ricostruttore della città terremotata, grazie alla massiccissima mole d’investimenti attivati dalla chiesa in un rapporto privilegiato con il neonato governo di Benito Mussolini[1].  Tuttavia, la celebrazione di questo rapporto tra la chiesa e la città, vede in quest’opera una volontà di abbracciare e propagare la “modernità”. Le enormi dimensioni della stele, l’inaugurazione telematica, e l’elettrificazione dei meccanismi del campanile neomedievale, sono tutti segni di un programma culturale che Angelo Paino seguì strenuamente nel sogno di una ricostruzione moderna, a tratti ingenuamente utopistica. Il suo modello era probabilmente la celeberrima Statua della Libertà, realizzata con la medesima tecnica da Frédéric-Auguste Bartholdi (Colmar,1834 – Parigi, 1904), in collaborazione con Gustave Eiffel, nel 1883.  Se per l’iconografia Bartholdi si inspirò alla Libertà della Poesia (1870 – 83), una scultura di Pio Fedi realizzata per il monumento Giovanbattista Niccolini in Santa Croce, a Firenze, il prototipo culturale dell’opera veniva sia dal leggendario Colosso di Rodi, sia dalla colossale statua di San Carlo Borromeo, in lastre di rame battuto, inaugurata nel 1698, ad Arona (NO), presso il Sacro Monte di San Carlo. La scultura, alta in tutto trenta metri, costituisce ancora oggi un landmark inconfondibile nel paesaggio del Lago Maggiore. Il colosso di San Carlo doveva essere ben noto ad Angelo Paino che ricalcò l’idea propagandistica elaborata dalla chiesa milanese per il luogo che aveva dato i natali al celebre santo meneghino. Oggi la stele della Madonnina del Porto “dialoga” sia con il campanile che con il Pilone dello Stretto di Messina, ultimo segno tangibile della “modernità” all’interno del contradditorio e complesso paesaggio urbano messinese.

 


[1] “La data fatidica che modifica la storia della ricostruzione di Messina è quella del 22 giugno 1923, giorno in cui il Duce visita la città.[…] come conseguenza di quella visita a cominciare dal 21 marzo del 1925 e poi 21 giugno 1928, sino al 12 giugno 1931 vengono personalmente stipulate convenzioni tra Mussolini e Monsignor Paino, Arcivescovo di Messina, che permetteranno di finanziare completamente un ingentissimo programma di chiese, istituti di istruzione religiosa, istituti di beneficenza ed assistenza, asili , seminari.”.  Francesco Cardullo, La ricostruzione di Messina 1909 – 1940, Officina edizioni, Roma, 1993, p. 24.

 

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