Prodotto dal Teatro dei Naviganti, lo spettacolo ha debuttato a Messina al Teatro Savio nel 2013. È scritto da Domenico Cucinotta, che ne firma la regia, ed è interpretato da Mariapia Rizzo e Stefania Pecora. Lo spettatore è invitato a spiare l’intimità dei personaggi in scena: due donne nei rispettivi appartamenti, nel corso di una giornata qualsiasi; come sono, come si mostrano, come vorrebbero essere viste.
Prodotto dal Teatro dei Naviganti, lo spettacolo ha debuttato a Messina al Teatro Savio nel 2013. È scritto da Domenico Cucinotta, che ne firma la regia, ed è interpretato da Mariapia Rizzo e Stefania Pecora; le scene sono di Piero Botto, assistente alla regia è Federica Colucci. Contraddistinto da una cifra stilistica riconoscibile, quella che caratterizza la ricerca e i linguaggi del gruppo, Vedettes mescola sapientemente grottesco e lirismo, visionarietà e disincanto, offrendosi come una riflessione, intensa e sorprendente, sulla società dell’immagine, i suoi feticci e le sue illusioni. Chi sono le vedettes del titolo? La risposta rimane ambiguamente sospesa per tutta la pièce, che invita lo spettatore a spiare l’intimità di due personaggi femminili all’interno dei rispettivi appartamenti, nel corso di una giornata qualsiasi. Nel gioco funambolico tra interno ed esterno, le protagoniste esibiscono una miriade di varianti del proprio sé, lungo il labile confine di identità allo specchio. Come sono, come si mostrano, come vorrebbero essere viste: le immagini non restituiscono mai il grumo oscuro della verità, che, come la luce, acceca riverberandosi in riflessi infiniti. Al centro della scena, il corpo femminile diviene una sorta di contenitore di storie possibili, simulacro di un’essenza sempre sfuggente e in maschera, nel vortice di accessori, gesti, suoni, parole, oggetti che compongono un disordinato mosaico dai contorni fluidi. I temi dell’io in gioco, del travestimento e dell’ossessione, tracce che attraversano il repertorio drammaturgico della compagnia, si fondono in ironiche gag e monologhi deliranti, offrendo uno spettacolo dalla forte vocazione sperimentale.
Una radiolina sulla scena, accesa in diretta ed istericamente spenta a tratti, si alterna al rumore di un phon verdastro entusiasmato e danzante a tempo, come partner in un balletto a due. La creatività delle due interpreti si traduce in appassionati monologhi che sembra attingano da un immaginario di danze urbane, dove fantasioso è uno schiacciamosche duplice, legato da un paio di collant; diviene talvolta un sexy toy ecosostenibile, talaltra serve a giustificare romantici ed immotivati abbracci gratificanti ma auto-avvolgenti. L’ossessione per il corpo si traduce in vestiti troppo stretti e bilance protagoniste d’ironiche e grottesche gag. Una lampada serve per giustificare l’urgenza di un divismo da amplificare con un microfono o ad abbigliare con la sua copertura e rendere misteriose le sovrapposizioni di una parrucca e di un cappello per celare l’intelligenza, per smorzare i pensieri che potrebbero inibire la corsa alla perfezione, ad una perfezione visibile davanti ad una lastra trasparente. (Plastica e luce per le vedettes postmoderne dei Naviganti, in «Rumor(s)scena», 14 aprile 2013)