Il secondo comparto dell’isolato 339 del Piano Regolatore di Messina fu occupato dall’edificio progettato nel 1919 dall’ingegnere Antonio Zanca che nel corso della sua attività di progettista del palazzo municipale messinese sviluppò anche questo progetto. La realizzazione del fabbricato fu affidata all’Impresa Cardillo, un’impresa molto attiva nella ricostruzione della città di Messina ed in particolare nel restauro e nel recupero di beni architettonici.
Il secondo comparto dell’isolato 339 del Piano Regolatore di Messina fu occupato dall’edificio progettato nel 1919 dall’ingegnere Antonio Zanca che nel corso della sua attività di progettista del palazzo municipale messinese sviluppò anche questo progetto. La realizzazione del fabbricato fu affidata all’Impresa Cardillo, un’impresa molto attiva nella ricostruzione della città di Messina ed in particolare nel restauro e nel recupero di beni architettonici. Nel 1923 fu determinata la veste dell’edificio che prospettava sulla via laterale del teatro e che quindi doveva adattare il suo decoro a quello della costruzione frontistante. Il fabbricato a tre elevazioni fuori terra. La vicinanza al torrente Pozzoleone, un piccolo corso d’acqua che scorreva fino a mare, ne sconsigliò la possibilità di realizzare cantinati.
Il secondo comparto dell’isolato 339 del Piano Regolatore di Messina fu occupato dall’edificio progettato nel 1919 dall’ingegnere Antonio Zanca che nel corso della sua attività di progettista del palazzo municipale messinese sviluppò anche questo progetto. La realizzazione del fabbricato fu affidata all’Impresa Cardillo, un’impresa molto attiva nella ricostruzione della città di Messina ed in particolare nel restauro e nel recupero di beni architettonici. Nel 1923 fu determinata la veste dell’edificio che prospettava sulla via laterale del teatro e che quindi doveva adattare il suo decoro a quello della costruzione frontistante. Il fabbricato a tre elevazioni fuori terra. La vicinanza al torrente Pozzoleone, un piccolo corso d’acqua che scorreva fino a mare, ne sconsigliò la possibilità di realizzare cantinati. L’edificio è realizzato con un linguaggio neogotico che compone in un disegno eclettico elementi decorativi che rimandano al medioevo siciliano con l’intento di ricercare l’armonia tra le parti. Lo zoccolo di base dell’edificio, poiché realizzato in un’area pianeggiante, è di altezza contenuta lungo tutto il perimetro e da questo si stacca un’area dei prospetti alta fino ai parapetti dei balconi realizzata in finte bugne con apparecchiatura isodoma e che si conclude con una cornice che si fonde con quella dei parapetti dei balconi del primo piano e che viene evidenziata da un motivo graffito a greca. Questa superficie in finte bugne è interrotta dalla sequenza di aperture architravate, ciascuna sormontata da un arco a tre centri, del piano delle botteghe. I balconi del primo piano costituiscono un piccolo capolavoro della tecnica del cemento decorativo riuscendo a connettere vari elementi formali in modo efficace. I balaustrini in cemento armato, sui quali si imposta la successione di archi a sesto acuto, manifestano un’attenzione per il particolare che non sempre si trova nei palazzi del periodo. Le specchiature lisce al di sopra della fascia a finte bugne sono lavorate a frattazzo e vi sono simulate le bugnature trattando le superfici a punta di cazzuola e lasciando intorno una finta anatirosi. Le finestre sono evidenziate da apparati decorativi a stucco specifici che sono integrati da elementi colorati che appaiono nel prospetto vivacizzandolo ed ai lati di ciascuna di esse trova posto un medaglione in stucco che rompe la planarità delle superfici. Una banda decorata a rombi colorati con un pigmento porpora vivacizza gli intonaci a stucco delle specchiature al secondo livello mentre una fitta successione di archetti ciechi regge il cornicione. Il parapetto, scandito da pilastrini in c.a. ricoperti con intonaci decorativi a stucco, conclude lo sviluppo della facciata.