Il Banco di Roma occupa il primo comparto dell’isolato 297/A del Piano Regolatore della città di Messina. In particolare l’isolato 297 fu diviso nelle due parti A e B a causa della presenza della chiesa medievale di S. Maria degli Alemanni che richiese alcune modifiche nel disegno del Piano Regolatore redatto dell’ingegnere Luigi Borzì subito dopo il terremoto del 1908.
Il Banco di Roma occupa il primo comparto dell’isolato 297/A del Piano Regolatore della città di Messina. Il basamento dell’edificio che interessa tutto il piano delle botteghe, nelle quali trova posto l’istituto di credito, sono realizzate con una finta bugnatura a stucco di cemento e graniglie di marmo. Tutte le aperture del piano terreno sono caratterizzate da finti archi che costituiscono il linguaggio più immediatamente percepibile del fabbricato. Su questo basamento si innestano le paraste che scandiscono i prospetti sottolineando il ritmo serrato delle campate su ciascuna delle quali si rinviene, al primo livello, un balcone con la relativa apertura architravata che risulta inquadrata da mostre in stucco cementizio e sormontata da un timpano triangolare sagomato, anch’esso in stucco di cemento. Al livello superiore una successione di finestre, alternata ai capitelli delle paraste che si concludono sotto il cornicione, caratterizzano l’ultimo livello del fabbricato dell’edificio che viene concluso con il parapetto della copertura realizzato con balaustrini in cemento armato.
Il Banco di Roma occupa il primo comparto dell’isolato 297/A del Piano Regolatore della città di Messina. In particolare l’isolato 297 fu diviso nelle due parti A e B a causa della presenza della chiesa medievale di S. Maria degli Alemanni che richiese alcune modifiche nel disegno del Piano Regolatore redatto dell’ingegnere Luigi Borzì subito dopo il terremoto del 1908. Il disegno della città è stato un altro degli elementi che hanno condizionato la planimetria di questo fabbricato, infatti l’incrocio tra la via I Settembre e la via Garibaldi, sulla quale prospettano le due facciate libere della Banca di Roma, è così configurato in quanto rispecchia l’antico andamento della via Austria che fu aperta nel XVI secolo per collegare il Palazzo Reale, localizzato nell’area dell’attuale edificio della Dogana, con la piazza della Cattedrale a cui faceva da sfondo il Fonte di Orione di Giovanni Angelo Montorsoli. L’edificio della Banca di Roma fu realizzato nel 1922 su progetto dell’architetto Gino Peressutti che intervenne in diversi altri importanti edifici della ricostruzione. Tuttavia il progettista, che è lo stesso che progettò Cinecittà a Roma, utilizza a Messina un linguaggio totalmente differente informato all’eclettismo denso di citazioni neoclassiche. Il basamento dell’edificio che interessa tutto il piano delle botteghe, nelle quali trova posto l’istituto di credito, sono realizzate con una finta bugnatura a stucco di cemento e graniglie di marmo. Tutte le aperture del piano terreno sono caratterizzate da finti archi che costituiscono il linguaggio più immediatamente percepibile del fabbricato. Su questo basamento si innestano le paraste che scandiscono i prospetti sottolineando il ritmo serrato delle campate su ciascuna delle quali si rinviene, al primo livello, un balcone con la relativa apertura architravata che risulta inquadrata da mostre in stucco cementizio e sormontata da un timpano triangolare sagomato, anch’esso in stucco di cemento. Al livello superiore una successione di finestre, alternata ai capitelli delle paraste che si concludono sotto il cornicione, caratterizzano l’ultimo livello del fabbricato dell’edificio che viene concluso con il parapetto della copertura realizzato con balaustrini in cemento armato. Anche in questo caso, interventi poco accorti da un punto di vista filologico, non hanno tenuto conto delle originarie caratteristiche dell’edificio ed hanno profondamente trasformato le superfici che caratterizzavano in origine questo edificio.