Il progetto del palazzo realizzato per conto del Marchese Francesco Loteta fu commissionato nel primo periodo della ricostruzione della città di Messina per essere localizzato nell’area dell’isolato 409 del PR di Messina, accanto al palazzo della Prefettura. Questa vicinanza indusse la Commissione a valutare con maggiore attenzione l’articolazione delle facciate realizzate con intonaci a stucco di cemento.
Il progetto del palazzo realizzato per conto del Marchese Francesco Loteta fu commissionato nel primo periodo della ricostruzione della città di Messina per essere localizzato nell’area dell’isolato 409 del PR di Messina, accanto al palazzo della Prefettura. Questa vicinanza indusse la Commissione a valutare con maggiore attenzione l’articolazione delle facciate realizzate con intonaci a stucco di cemento. Il progetto, come di consueto, prevedeva una divisione tra l’aspetto strutturale della costruzione e quello formale. Mentre il calcolo delle strutture venne affidato all’ingegnere Giuseppe Mallandrino, all’architetto Coppedè fu chiesto di provvedere alla configurazione formale della costruzione. Questa risultava realizzata con due elevazioni fuori terra dotate di piano cantinato e realizzate con muratura confinata da una struttura in travi e pilastri di cemento armato. Il linguaggio utilizzato estrae vari elementi dal repertorio medievale siciliano e li combina in un disegno che prevede una gerarchizzazione della facciata.
Il progetto del palazzo, realizzato per conto del marchese Francesco Loteta, fu commissionato nel primo periodo della ricostruzione della città di Messina per essere localizzato nell’area dell’isolato 409 del PR di Messina, accanto al palazzo della Prefettura. Questa vicinanza indusse la Commissione a valutare con maggiore attenzione l’articolazione delle facciate realizzate con intonaci a stucco di cemento. Il progetto, come di consueto, prevedeva una divisione tra l’aspetto strutturale della costruzione e quello formale. Mentre il calcolo delle strutture venne affidato all’ingegnere Giuseppe Mallandrino, all’architetto Coppedè fu chiesto di provvedere alla configurazione formale della costruzione. Questa risultava realizzata con due elevazioni fuori terra dotate di piano cantinato e realizzate con muratura confinata da una struttura in travi e pilastri di cemento armato. Il linguaggio utilizzato estrae vari elementi dal repertorio medievale siciliano e li combina in un disegno che prevede una gerarchizzazione della facciata. Il piano terreno è evidenziato dal sapiente impiego di finte bugne in pietra artificiale realizzata con uno dei particolari impasti cementizi che venivano confezionati nel periodo della ricostruzione della città. Le aperture alternano archi a tutto sesto con archi a sesto acuto manifestando la componente eclettica che pervade tutta la costruzione e che ha il suo più immediato raffronto nell’isolato 314 del PR di Messina. Il piano nobile manifesta un motivo a fasce orizzontali che alternano il colore del mattone con il grigio della finta pietra, a simulare una muratura di pietra listata con quattro filari di mattoni. Il fabbricato è organizzato intorno ad un cortile interno al quale si accede attraversando l’androne che manifesta una significativa ricchezza di motivi realizzati mescolando diverse tecniche, sia del graffito che della tempera. Verso la metà degli anni ’50 del XX secolo l’edificio venne sopraelevato di un piano. La Commissione Edilizia consentì l’intervento obbligando però i proprietari dei due comparti contigui ad eseguire contemporaneamente l’intervento per non creare una discontinuità dei volumi che insistono lungo la via Garibaldi riuscendo così a realizzare una sopraelevazione integrata con la preesistenza. Purtroppo un intervento di manutenzione straordinaria, svolto alcuni anni fa da proprietà differenti, ha alterato fortemente le caratteristiche originarie degli intonaci in pietra artificiale.