L’edificio che insiste nell’area dell’isolato 314 del PR di Messina fu progettato dall’ingegnere Pietro Interdonato nel 1914 ed approvato dalla Commissione Edilizia l’anno successivo ma, poiché non fu immediatamente realizzato, fu soggetto a confrontarsi con il vicino isolato 312, il cosiddetto Banco Cerruti, che nel frattempo era stato costruito. Lo stesso progettista, che nel periodo a cavallo del 1908 si era occupato della progettazione dell’acquedotto cittadino, nel 1921 presenta una variante al progetto originariamente approvato adducendo la non adeguatezza dei motivi decorativi adottati in origine “perché molto discordanti con quelli del vicino isolato 312 sorto nel frattempo su progetto dell’architetto Coppedè”.
L’edificio che insiste nell’area dell’isolato 314 del PR di Messina fu progettato dall’ingegnere Pietro Interdonato nel 1914 ed approvato dalla Commissione Edilizia l’anno successivo ma, poiché non fu immediatamente realizzato, fu soggetto a confrontarsi con il vicino isolato 312, il cosiddetto Banco Cerruti, che nel frattempo era stato costruito. Lo stesso progettista, che nel periodo a cavallo del 1908 si era occupato della progettazione dell’acquedotto cittadino, nel 1921 presenta una variante al progetto originariamente approvato adducendo la non adeguatezza dei motivi decorativi adottati in origine “perché molto discordanti con quelli del vicino isolato 312 sorto nel frattempo su progetto dell’architetto Coppedè”. Nel corso della costruzione interviene anche l’ingegnere Giuseppe Mallandrino e, pur non trovando in nessuno dei documenti la firma dell’architetto Coppedè, l’osservazione degli stilemi utilizzati mostra un diretto rapporto tra questo edificio e quelli che sono attribuiti a Coppedé con maggiore sicurezza. L’edificio risultava originariamente realizzato con due elevazioni fuori terra dotate di piano cantinato e realizzate con muratura confinata da una struttura in travi e pilastri di cemento armato. Anche in questo caso veniva affidata la configurazione formale dell’architettura alle decorazioni che ne caratterizzavano le superfici trattate con intonaci a stucco decorativo realizzato con impasti cementizi in modo che questi somigliassero a rivestimenti in pietra lavorata. Il lessico utilizzato trae spunto dall’architettura medievale siciliana per la realizzazione degli intonaci a stucco decorativo.
L’edificio che insiste nell’area dell’isolato 314 del PR di Messina, detto Palazzo Magaudda dal nome di uno dei committenti, fu progettato dall’ingegnere Pietro Interdonato nel 1914 ed approvato dalla Commissione Edilizia l’anno successivo ma, poiché non fu immediatamente realizzato, fu soggetto a confrontarsi con il vicino isolato 312, il cosiddetto Banco Cerruti, che nel frattempo era stato costruito. Lo stesso progettista, che nel periodo a cavallo del 1908 si era occupato della progettazione dell’acquedotto cittadino, nel 1921 presenta una variante al progetto originariamente approvato adducendo la non adeguatezza dei motivi decorativi adottati in origine “perché molto discordanti con quelli del vicino isolato 312 sorto nel frattempo su progetto dell’architetto Coppedè”. Nel corso della costruzione interviene anche l’ingegner Giuseppe Mallandrino e, pur non trovando in nessuno dei documenti la firma dell’architetto Coppedè, l’osservazione degli stilemi utilizzati mostra un diretto rapporto tra questo edificio e quelli che sono attribuiti a Coppedé con maggiore sicurezza. La pratica di non firmare i progetti, era adottata da chi si occupava solo del trattamento delle superfici, e dunque vi è un certo grado d’incertezza nell’attribuzione. Tuttavia, in questo caso, sembra ridotto al minimo potendo riscontrare modelli tratti da stampi utilizzati anche in altre opere. La forma trapezoidale dà luogo a quattro facciate di diversa estensione di cui la minore contenuta entro un’unica campata. L’edificio risultava originariamente realizzato con due elevazioni fuori terra dotate di piano cantinato e realizzate con muratura confinata da una struttura in travi e pilastri di cemento armato. Anche in questo caso veniva affidata la configurazione formale dell’architettura alle decorazioni che ne caratterizzavano le superfici trattate con intonaci a stucco decorativo realizzato con impasti cementizi in modo che questi somigliassero a rivestimenti in pietra lavorata. Il lessico utilizzato trae spunto dall’architettura medievale siciliana per la realizzazione degli intonaci a stucco decorativo. Il piano superiore, caratterizzato da un intonaco in finta pietra dotata di anatirosi, lavorato a punta di cazzuola ed arnesi costruiti all’uopo, risulta concluso da un decoro a graffito e tempera che ne contorna le aperture del piano nobile che, in alcuni tratti dell’edificio, è concluso da una tettoia in tegole con struttura in legno che fa parte di un repertorio impiegato in alcuni edifici della ricostruzione. Il secondo comparto dell’isolato venne sopraelevato nel 1977 creando una alterazione degli originari volumi. Purtroppo da diversi anni l’edificio attende un intervento di conservazione che rallenterebbe i processi di degrado in atto.