Questo edificio fa parte del gruppo di edifici che vennero realizzati a distanza di oltre trenta anni dall’esito del concorso di idee vinto dal gruppo Samonà, Autore, Viola, Leone, pertanto il suo originario linguaggio venne modificato per essere adattato alle nuove situazioni. Anche in questo edificio, in modo leggermente diverso dagli altri, la struttura è denunciata all’esterno dove i pilastri che scandiscono le facciate si rastremano di pochi centimetri ad ogni livello, determinando rapporti differenti con gli aggetti dei balconi.
L'isolato XI della Palazzata fu l'ultimo isolato previsto dal progetto originario ad essere costruito. La sua realizzazione avvenne tra il 1953 ed il 1958 ed il progetto fu affidato a Samonà che venne affiancato da Giuseppe De Cola. Anche in questo edificio, in modo leggermente diverso dagli altri, la struttura è denunciata all’esterno dove i pilastri che scandiscono le facciate si rastremano di pochi centimetri ad ogni livello, determinando rapporti differenti con gli aggetti dei balconi e raggiungendo senza interruzioni il parapetto della terrazza mentre la struttura orizzontale è posta lievemente in sottosquadro rispetto a questa. Al livello dell’ultimo solaio sono presenti pensiline che proteggono le specchiature sulle quali si aprono le finestre. La scansione delle facciate prevede la ripetizione di tre campate che vengono ripetute sui due prospetti maggiori e denunciano all’esterno la configurazione degli alloggi dell’edificio in linea servito da tre corpi scala.
L'isolato XI della Palazzata fu l'ultimo isolato previsto dal progetto originario (che però prevedeva XIII edifici in luogo degli XI effettivamente realizzati) ad essere costruito. La sua realizzazione avvenne tra il 1953 ed il 1958 ed il progetto venne affidato a Samonà affiancato da Giuseppe De Cola. Questo edificio fa parte di quel gruppo che vennero realizzati a distanza di oltre trent’anni dall’esito del concorso di idee vinto dal gruppo Samonà, Autore, Viola, Leone. Il suo originario linguaggio, pertanto, fu modificato per essere adattato alle nuove situazioni. Venne meno, infatti, l’originaria previsione di destinare gli edifici della palazzata ad attività pubbliche o legate alla fruizione del mare, in favore di una rendita speculativa che vedeva trasformata la destinazione d’uso in residenziale e commerciale per massimizzare l’aspetto economico della questione che, fortunatamente, fu limitata dalla normativa antisismica allora vigente che non permetteva di superare l’altezza di quattro elevazioni fuori terra. Anche in questo edificio, pur se in modo leggermente diverso dagli altri, la struttura è denunciata all’esterno; i pilastri che scandiscono le facciate si rastremano di pochi centimetri ad ogni livello, determinando rapporti differenti con gli aggetti dei balconi e raggiungendo senza interruzioni il parapetto della terrazza mentre la struttura orizzontale è posta lievemente in sottosquadro. Al livello dell’ultimo solaio sono presenti pensiline che proteggono le specchiature sulle quali si aprono le finestre. La scansione delle facciate prevede la ripetizione di tre campate che vengono ripetute sui due prospetti maggiori e denunciano all’esterno la configurazione degli alloggi dell’edificio in linea servito da tre corpi scala. Nella facciata su via Garibaldi erano previste dal progetto originario una fila di logge - lette come vuoti - che fungevano da interruzione al pieno della facciata continua. Fin dalla costruzione dell’edificio, però, le logge furono chiuse da infissi da parte dei proprietari. Anche in questo fabbricato i materiali giocano un ruolo determinante nella definizione dell’aspetto dell’edificio potendo riscontrare delle gerarchie basate sulle differenti granulometrie degli aggregati degli impasti e sulle diverse lavorazioni superficiali.