Fotto Profilo Pippo Scaltrito
Pippo Scaltrito frequenta a Palermo il pittore Pietro Vaccaro, col quale inizierà a dipingere nel 1968. La sua prima mostra risale al 1977, cui seguirono altre, tutte secondo un paesaggismo tradizionale, per tutti gli anni ’80 in diverse città italiane: Padova, Ferrara, Roma etc. Tuttavia nel 1988, in occasione dell’Expo arte di Bari, la sua arte registra un mutamento e accanto ai paesaggi appaiano nuove opere. Ritornato definitivamente a Messina, si stabilisce in un villaggio collinare della città, trovando nuovi stimoli nella cultura etnografica contadina. La lettura di Duchamp e la scoperta in un frantoio abbandonato di una vecchia “sporta”[1] fa sterzare l’arte di Scaltrito verso nuove soluzioni. La sporta non solo è reinterpretata nei modi più fantasiosi e personali ma è inserita anche all’interno della tele, prima come oggetti fisici, poi come segno e forma pian piano concettualizzati e mutati in più larghi significati, come nel caso dell’istallazione Primo e ultimo raggio di Sole, dove la sporta è diventata, cerchio, astro, sole, simbolo di maternità, finestra sul mondo. Nell’ultimo periodo della sua attività Scaltrito muta ancora, volgendo la sua attenzione alla traduzione pittorica del mondo di concetti e idee espresse dal libro di Achille Bonito Oliva, L’ideologia del traditore, realizzando quaranta dipinti a smalto su carta in forma di trittico, nel solco della propria personalissima visione estetica e formale.
[1] E’ una cesta di vimini intrecciata con un buco centrale utilizzata per la pressatura dell’olive.