Nel 1622 l’architetto Simone Gullì presenta un progetto che prevede una cortina continua di tredici grandi edifici intervallati dalle monumentali porte cittadine. La palazzata sostituiva, in termini moderni, le vecchie mura urbane e venne danneggiata dal terremoto del 1783 tanto da essere in parte ricostruita fin dall’inizio del XIX secolo dall’abate Giacomo Minutoli. Venne definitivamente distrutta dal terremoto del 28 dicembre 1908. Fu bandito un concorso di idee, vinto nel 1931 dall’architetto Camillo Autore con Giuseppe Samonà, Guido Viola e Raffaele Leone. Del progetto fu realizzato solo l’edificio della testata a sud, il Palazzo dell’INA nel 1935. Successivamente furono realizzati il Palazzo del Banco Di Sicilia ed i successivi verso nord, che vennero realizzati nell’arco del ventennio seguente.
La Palazzata di Messina ha origine nel 1622, quando l’architetto Simone Gullì presenta un progetto che prevede una cortina continua di tredici grandi edifici intervallati dalle monumentali porte cittadine, posti lungo lo sviluppo della linea di costa che costituiva l’affaccio a mare della città. La palazzata sostituiva, in termini moderni, le vecchie mura urbane che precedentemente avevano costituito una barriera contro eventuali assalti. Il terremoto del 1783 la danneggiò gravemente tanto da essere in parte ricostruita in forme neoclassiche fin dall’inizio del XIX secolo, dall’abate Giacomo Minutoli. Non ancora completata venne definitivamente distrutta dal terremoto del 28 dicembre 1908. Venne bandito un concorso di idee, vinto nel 1931 dall’architetto Camillo Autore con la collaborazione degli ingegneri Giuseppe Samonà, Guido Viola e Raffaele Leone. Del progetto fu realizzato solo l’edificio della testata a sud, il Palazzo dell’INA nel 1935. Successivamente furono realizzati il Palazzo del Banco Di Sicilia ed i successivi verso nord, che vennero realizzati nell’arco del ventennio seguente. I diversi contributi forniti dai differenti progettisti dei singoli edifici contribuirono a formare una composizione variegata che, grazie anche alla differente cronologia di realizzazione, costituisce un documento di pietra che reca traccia dell’evoluzione del linguaggio razionalista, in qualche caso denso di suggestioni locali.
La Palazzata di Messina ha origine nel 1622, quando l’architetto Simone Gullì presenta un progetto che prevede una cortina continua di tredici grandi edifici intervallati dalle monumentali porte cittadine, posti lungo lo sviluppo della linea di costa che costituiva l’affaccio a mare della città. La palazzata sostituiva, in termini moderni, le vecchie mura urbane che precedentemente avevano costituito una barriera contro eventuali assalti. Il terremoto del 1783 la danneggiò gravemente tanto da essere in parte ricostruita in forme neoclassiche fin dall’inizio del XIX secolo, dall’abate Giacomo Minutoli. Non ancora completata venne definitivamente distrutta dal terremoto del 28 dicembre 1908. Le norme tecniche emanate nel 1909 non consentivano di edificare nuovamente un edificio che si sviluppava ininterrottamente per diverse centinaia di metri, per cui il progetto di edificazione dell’affaccio a mare della città fu oggetto di un concorso di idee che fu vinto nel 1931 dall’architetto Camillo Autore con la collaborazione degli ingegneri Giuseppe Samonà, Guido Viola e Raffaele Leone. Il progetto, vincitore su ventinove proposte pervenute, prevedeva tredici corpi di fabbrica che, grazie all’uso dell’ordine gigante, si presentavano come una cortina continua che costituiva l’affaccio a mare della città ricostruita. Del progetto fu realizzato solo l’edificio della testata a sud, il Palazzo dell’INA nel 1935. Successivamente furono realizzati il Palazzo del Banco Di Sicilia ed i successivi verso nord, che vennero realizzati nell’arco del ventennio seguente. I diversi contributi forniti dai differenti progettisti dei singoli edifici contribuirono a formare una composizione variegata che, grazie anche alla differente cronologia di realizzazione, costituisce un documento di pietra che reca traccia dell’evoluzione del linguaggio razionalista, in qualche caso denso di suggestioni locali.