Pippo Lacava

Geri Villaroel nella monografia[1] dedicata al fotografo messinese scrive che Lacava è nato nel 1935 su un traghetto ed è poi stato registrato all’anagrafe di Reggio Calabria.  Inizia il suo apprendistato con Venerando Dominici, scattando foto che poi diverranno cartoline da vendere ai marinai americani per pochi spicci. Più tardi sarà suo maestro Giuseppe Arbuse, fotografo artista, che lascerà per aprire un suo studio. Lavorerà per la Gazzetta del Sud, l’Ansa, Associeted Press e le testate nazionali del gruppo Mondadori, Rizzoli e Rusconi.  Durante la sua lunga carriera ha immortalo nei suoi scatti personaggi famosi, luoghi noti e meno noti, momenti salienti della storia cittadina.  Tra i suoi scoop: le monete d’oro borboniche rinvenute a Maregrosso, le foto a Paolo Vigneri, il capitano dei carabinieri che arrestò Mussolini, l’uscita dal carcere del detenuto Spanò, innocente imprigionato per venticinque anni, le avventure amorose di “Cuccubello”, il “califfo” di S. Agata Militello che aveva cinque mogli, il Papa Wojtyla incorniciato dal paesaggio del porto, le baracche, Massimino il sordomuto più forte del mondo. Lacava ebbe pure modo di scagionare un uomo dall’accusa di omicidio.  Paolo Vadalà, infatti, fu salvato dall’accusa di aver ucciso un uomo a Sassari grazie alla foto che lo ritraeva in una serata dell’Irreramare, a Messina. Celebre la copertina di Eva Express con Bettino Craxi immortalato a reggersi le brache durante il suo viaggio a San Fratello, paese d’origine della famiglia. Il suo portfolio è ricco di quella galleria di personaggi del mondo dello spettacolo e della politica che testimoniano l’alto livello culturale di Messina nella decade ’60 – ’70, ma non mancano scene e protagonisti del mondo popolaresco, bizzarro e romantico che il fotografo ebbe modo d’immortale nel suo consueto girovagare rolleifex in spalla.