Dopo numerose illustrazioni contenenti elementi fantastici marcati, vicini allo steampunk e al fantasy epico come Caligo o La maschera di Bali, questa volta Vaporteppa chiede all’autore di rimuovere i dettagli della scena scelti precedentemente per la loro spettacolarità e stravaganza, per virare ed accostarsi a toni più intimi, tendenti al realismo magico.
Questa occasione consente la sperimentazione di nuove soluzioni. Rispetto alle altre copertine realizzate per la serie, come per i romanzi scritti da Carlton Mellick III, qui si opta per una sottrazione estetica che stimoli il senso misterioso della scena.
Dopo numerose illustrazioni contenenti elementi fantastici marcati, vicini allo steampunk e al fantasy epico come Caligo o La maschera di Bali, questa volta Vaporteppa chiede all’autore di rimuovere i dettagli della scena scelti precedentemente per la loro spettacolarità e stravaganza, per virare ed accostarsi a toni più intimi, tendenti al realismo magico.
Questa occasione consente la sperimentazione di nuove soluzioni. Rispetto alle altre copertine realizzate per la serie, come per i romanzi scritti da Carlton Mellick III, qui si opta per una sottrazione estetica che stimoli il senso misterioso della scena.
La copertina per il libro di Giulia Besa, La gatta degli haiku, esaudisce tali richieste sottraendo il tono barocco e sostituendolo con l’immissione di pochi e significativi elementi che non affollano la composizione. L’ambientazione rappresentata sembra quella di un romanzo di Dickens, anche se non si tratta di una Londra nebbiosa, bensì di una Verona magica, mai esistita, a cavallo tra Medioevo e Ottocento. L’atmosfera è pacata e l’unica fonte di luce (la candela) è volutamente posta fuori campo.
Tutta la scena si svolge nella metà inferiore della pagina illustrata e, benché ciò sia dettato soprattutto da esigenze di impaginazione, questa scelta forzata contribuisce a dar vigore all’illustrazione in cui la protagonista, sovrastata dalle ombre, sembra ancora più piccola. Lily sembra quasi emanare luce propria, mentre la gattina nera posta sulla sua spalla si fonde in parte con le ombre, cingendola con la coda quasi fosse una minacciosa estensione del buio intenso. Questo contrasto, oltre a separare adeguatamente i due personaggi, staccandoli, conferisce ambiguità al ruolo della gatta pronta a coinvolgere la protagonista in una rivoluzione più grande di lei.
Dopo numerose illustrazioni contenenti elementi fantastici marcati, vicini allo steampunk e al fantasy epico come Caligo o La maschera di Bali, questa volta Vaporteppa chiede all’autore di rimuovere i dettagli della scena scelti precedentemente per la loro spettacolarità e stravaganza, per virare ed accostarsi a toni più intimi, tendenti al realismo magico.
Questa occasione consente la sperimentazione di nuove soluzioni. Rispetto alle altre copertine realizzate per la serie, come per i romanzi scritti da Carlton Mellick III, qui si opta per una sottrazione estetica che stimoli il senso misterioso della scena.
La copertina per il libro di Giulia Besa, La gatta degli haiku, esaudisce tali richieste sottraendo il tono barocco e sostituendolo con l’immissione di pochi e significativi elementi che non affollano la composizione. L’ambientazione rappresentata sembra quella di un romanzo di Dickens, anche se non si tratta di una Londra nebbiosa, bensì di una Verona magica, mai esistita, a cavallo tra Medioevo e Ottocento. L’atmosfera è pacata e l’unica fonte di luce (la candela) è volutamente posta fuori campo.
Tutta la scena si svolge nella metà inferiore della pagina illustrata e, benché ciò sia dettato soprattutto da esigenze di impaginazione, questa scelta forzata contribuisce a dar vigore all’illustrazione in cui la protagonista, sovrastata dalle ombre, sembra ancora più piccola. Lily sembra quasi emanare luce propria, mentre la gattina nera posta sulla sua spalla si fonde in parte con le ombre, cingendola con la coda quasi fosse una minacciosa estensione del buio intenso. Questo contrasto, oltre a separare adeguatamente i due personaggi, staccandoli, conferisce ambiguità al ruolo della gatta pronta a coinvolgere la protagonista in una rivoluzione più grande di lei.
La problematicità dell’esercitazione di Lily nella delicata arte della calligrafia giapponese, lo shodo, emerge dall'impugnatura rigida e sgraziata con cui utilizza il pennello consunto e dai tratti tremolanti degli ideogrammi, conferendo alla scena un generale senso di incertezza. L'autore posiziona abilmente tutti gli elementi sul piano del tavolo (le tavolette di legno, i pennelli, l’inchiostro) al fine di far convergere le loro linee verso la protagonista. La scelta della prospettiva centrale con un singolo punto di fuga, riducendo il campo visivo, elimina l’eventuale sovrabbondanza di informazioni per il lettore/fruitore, conferendo sintesi ed essenzialità alla scena.
Per quanto concerne la colorazione, la palette di colori viene adattata per armonizzarsi con il "biglietto" del titolo (elemento ricorrente in ogni opera della collana), al fine di renderlo immediatamente identificabile, poiché l’eventuale possibilità di toni seppiati mal si sarebbe conciliata con una colorazione basata sui colori base della quadricromia (ciano, magenta, giallo, nero). In seguito alle iniziali ipotesi vagliate (una prevedeva colori più saturi, vicini alle vibranti tonalità preferite dell’illustratore Matteo De Longis), viene scoraggiato la versione "pop" indubbiamente non adatta ai toni della storia. Superate tali criticità, preferisce ispirarsi ad alcuni lavori del colorista Dave Stewart, come Conan di Brian Wood o Hellboy di Mike Mignola.
Galleria immagini la gatta degli haiku
Pubblicazione La gatta degli haiku
2014, Catania, La gatta degli haiku
Giulia Besa, autrice del racconto, tenendo molto a questa copertina, si è premurata di seguire scrupolosamente ogni passo della sua lavorazione, fornendo spunti e correggendo prontamente le imprecisioni rispetto al testo, affinché l'illustrazione rispecchiasse il senso della narrazione. La preferenza è stata direzionata verso il suggerimento di un fantastico non sbandierato, ma prima di poter procedere con la soluzione scelta per l’impostazione generale, sono state scartate varie opzioni. Una di esse prevedeva una scena sotto la pioggia, con un’ampia ambientazione urbana, poi ritenuta troppo dark e rivelatrice. Un’altra aveva, invece, una inquadratura che non valorizzava abbastanza i personaggi e una prospettiva a due fuochi che avrebbe distolto l'attenzione dai protagonisti.
L'Haiku, dipinto dalla protagonista Lily, è la celebre 'rana' di Bashō: Il vecchio stagno/ la rana salta/ tonfo nell'acqua.