La tela fu esposta alla Prima Mostra Sindacale Interprovinciale di Palermo del maggio del 1929 insieme a la Tortorella di De Pasquale. La mostra palermitana è ritenuta seconda sola alla prima organizzata dal Sindacato toscano nel 1927, tuttavia bisogna ricordare che precoci avvisaglie di questa adesione al corporativismo voluto dal fascismo, si erano avute a Messina già nel 1923, quando Romano e Schmiedt fondarono il circolo artistico “Antonello” promuovendo mostre ed eventi.
La tela fu esposta alla Prima Mostra Sindacale Interprovinciale di Palermo del maggio del 1929 insieme a la Tortorella di De Pasquale. La mostra palermitana è ritenuta seconda sola alla prima organizzata dal Sindacato toscano nel 1927, tuttavia bisogna ricordare che precoci avvisaglie di questa adesione al corporativismo voluto dal fascismo, si erano avute a Messina già nel 1923, quando Romano e Schmiedt fondarono il circolo artistico “Antonello” promuovendo mostre ed eventi. Le mostre sindacali diverranno un elemento centrale della diffusione dell’arti nell’Isola, contribuendo a costruire una rete di relazioni e di scambi che sarà il presupposto fondamentale per la grande stagione di rinascita culturale e artistica del secondo dopoguerra. Come ben evidenziato da Luigi Giacobbe[1] anche Passando è da considerare come espressione in quella stagione del realismo magico che coinvolse gli artisti della penisola dalla seconda metà degli anni ’20 del novecento. Il realismo magico si nutriva di quel rifiuto delle avanguardie che aveva animato Novecento di Margherita Sarfatti e di cui costituiva una figliazione gravida di intensità drammatica e tensione psicologica. Nel solco della riscoperta della pittura rinascimentale, Romano costruisce un’immagine all’interno dell’architettura e proporzionatamente a essa. La volumetria scultorea della donna effigiata, che regge un vaso alla maniera della pisside di Maria Maddalena, la paletta cromatica sobria ed essenziale, e la luce naturale che investe l’opera creando un suggestivo chiaroscuro, contribuiscono a generare un’icona di grande intensità. Come per buona parte delle opere del realismo magico, il significato della scena non è chiaro, il ruolo della donna all’interno di quello spazio è imprecisato, il pittore non da alcun indizio sull’azione e sulla condizione della donna. Tutto è bloccato in un presente immobile e misterioso, che seppur connesso, tramite l’abbigliamento e il vaso, a una realtà contemporanea, sembra astrarsi da essa per una tensione surreale verso l’infinito, cara alla scultura più che alla pittura.
[1] Luigi Giacobbe, Dipingere il silenzio: Un ritratto ritrovato di Salvatore De Pasquale, in Karta Anno III, n.2, Magika, Messina 2008, p.11.
La tela fu esposta alla Prima Mostra Sindacale Interprovinciale di Palermo del maggio del 1929 insieme a la Tortorella di De Pasquale. La mostra palermitana è ritenuta seconda sola alla prima organizzata dal Sindacato toscano nel 1927, tuttavia bisogna ricordare che precoci avvisaglie di questa adesione al corporativismo voluto dal fascismo, si erano avute a Messina già nel 1923, quando Romano e Schmiedt fondarono il circolo artistico “Antonello” promuovendo mostre ed eventi. Le mostre sindacali diverranno un elemento centrale della diffusione dell’arti nell’Isola, contribuendo a costruire una rete di relazioni e di scambi che sarà il presupposto fondamentale per la grande stagione di rinascita culturale e artistica del secondo dopoguerra. Come ben evidenziato da Luigi Giacobbe[1] anche Passando è da considerare come espressione in quella stagione del realismo magico che coinvolse gli artisti della penisola dalla seconda metà degli anni ’20 del novecento. Il realismo magico si nutriva di quel rifiuto delle avanguardie che aveva animato Novecento di Margherita Sarfatti e di cui costituiva una figliazione gravida di intensità drammatica e tensione psicologica. Nel solco della riscoperta della pittura rinascimentale, Romano costruisce un’immagine all’interno dell’architettura e proporzionatamente a essa. La volumetria scultorea della donna effigiata, che regge un vaso alla maniera della pisside di Maria Maddalena, la paletta cromatica sobria ed essenziale, e la luce naturale che investe l’opera creando un suggestivo chiaroscuro, contribuiscono a generare un’icona di grande intensità. Come per buona parte delle opere del realismo magico, il significato della scena non è chiaro, il ruolo della donna all’interno di quello spazio è imprecisato, il pittore non da alcun indizio sull’azione e sulla condizione della donna. Tutto è bloccato in un presente immobile e misterioso, che seppur connesso, tramite l’abbigliamento e il vaso, a una realtà contemporanea, sembra astrarsi da essa per una tensione surreale verso l’infinito, cara alla scultura più che alla pittura.Se il realismo magico si riconnette con la grande arte del Rinascimento, esso non è inquadrabile però in un mero citazionismo ma va più largamente interpretato all’interno di quella rappresentazione della modernità, italianissima e al contempo internazionale, inaugurata dal De Chirico con la sua Metafisica. De Chirico fu riconosciuto come uno dei padri del Surrealismo, anche se non accettò mai di aderirvi ufficialmente, e soprattutto, fu sempre in disaccordo con la sua deriva onirica e psicologista. In Italia egli fu il battistrada di una sensibilità artistica che fu presto condivisa, anche se edulcorata, da Valori Plastici e Novecento. Il fulcro di questa riscoperta dell’arte dei maestri è da considerarsi quindi principalmente tecnica e formale. La pittura di Novecento e del Realismo magico è completamente priva di quella certezza, e di quella gioia, di quella sicurezza nella capacità dell’uomo che l’umanesimo aveva teorizzato a contatto con la grande rinascita delle città italiane tra XIV e XVI secolo. I personaggi effigiati da Romano, (L’ultimo burattinaio, 1935), come quelli di Schimiedt e dei vari Funi, Donghi, Oppo, sembrano vivere una quotidianità in cui l’azione dell’uomo è impossibile, la vita stessa sembra imbalsamata nella meditazione di un altrove carico di nostalgia, di rimpianto e di dramma che all’osservatore di oggi pare, in fondo, la manifestazione psicologica di un disagio, e insieme, la profezia degli immani disastri causati dai totalitarismi.
[1] Luigi Giacobbe, Dipingere il silenzio: Un ritratto ritrovato di Salvatore De Pasquale, in Karta Anno III, n.2, Magika, Messina 2008, p.11.