Mutamenti della Materia è il nome della mostra tenutasi nel marzo del 2013 al Monte di Pietà di Messina. Personale vastissima, con più di 140 opere, è da considerarsi un punto d’osservazione privilegiato per comprendere l’estetistica fantasmagorica di Stello Quartarone. Il nome dell’evento si riferisce a tutte le trasformazioni che l’artista ha ottenuto dalla distillazione di catrami, a loro volta derivati dalla decomposizione di sostanze organiche.
Mutamenti della Materia è il nome della mostra tenutasi nel marzo del 2013 al Monte di Pietà di Messina. Personale vastissima, con più di 140 opere, è da considerarsi un punto d’osservazione privilegiato per comprendere l’estetistica fantasmagorica di Stello Quartarone. Il nome dell’evento si riferisce a tutte le trasformazioni che l’artista ha ottenuto dalla distillazione di catrami, a loro volta derivati dalla decomposizione di sostanze organiche.Come spiega Teresa Pugliatti nel catalogo della mostra, Quartarone ha lavorato un blocco di pece nera, togliendone via via una parte, che sotto l’azione della pistola termica ad aria calda e cannelli a gas è stata manipolata inserendovi fogli di rame, alluminio, argilla, plastica, legno e colori acrilici. L’intervento di Quartarone quindi si è profuso in immagini informali e materiche dalle varianti praticamente infinite. Artista primitivo, alchimista, come uno spontaneo e istintivo creatore, lo scultore ha lavorato giorno dopo giorno ai suoi Reperti che sembrano a tratti delle istantanee degli stati della materia agli albori dell’epoca geologica, o, al contrario, l’esito catastrofico di un meltdown nucleare. Il profilo di Quartarone scultore è imprescindibile da quello di Quartarone faber, costruttore, artigiano e inventore in grado di tramutare la sua inquieta energia in interventi pubblici esuberanti, comunicativi più che provocatori. La storia della scultura, in realtà, è sempre stata una storia della materia. La poetica di Michelangelo ha nel rapporto delle idee (Panofsky) con la forma uno snodo centrale. La questione diventa ancora più centrale con le avanguardie e le sperimentazioni del secondo dopoguerra: Pollock, Fontana. In una società in mutazione costante, il primo decise di utilizzare nelle sue tele – arena, non più della pittura ma della vernice industriale, e il secondo nella dimensione della sua “astrazione applicata” come fu definita dal critico Lazlo Glozer[1], utilizzò la ceramica e poi metalli, oli, vetri e intere superfici laccate per creare “concetti spaziali” in cui la morte della materia da lui stesso preconizzata era invece condotta a magnificente dignità artistica dalla sua opera.
Mutamenti della Materia è il nome della mostra tenutasi nel marzo del 2013 al Monte di Pietà di Messina. Personale vastissima, con più di 140 opere, è da considerarsi un punto d’osservazione privilegiato per comprendere l’estetistica fantasmagorica di Stello Quartarone. Il nome dell’evento si riferisce a tutte le trasformazioni che l’artista ha ottenuto dalla distillazione di catrami, a loro volta derivati dalla decomposizione di sostanze organiche.Come spiega Teresa Pugliatti nel catalogo della mostra, Quartarone ha lavorato un blocco di pece nera, togliendone via via una parte, che sotto l’azione della pistola termica ad aria calda e cannelli a gas è stata manipolata inserendovi fogli di rame, alluminio, argilla, plastica, legno e colori acrilici. L’intervento di Quartarone quindi si è profuso in immagini informali e materiche dalle varianti praticamente infinite. Artista primitivo, alchimista, come uno spontaneo e istintivo creatore, lo scultore ha lavorato giorno dopo giorno ai suoi Reperti che sembrano a tratti delle istantanee degli stati della materia agli albori dell’epoca geologica, o, al contrario, l’esito catastrofico di un meltdown nucleare. Il profilo di Quartarone scultore è imprescindibile da quello di Quartarone faber, costruttore, artigiano e inventore in grado di tramutare la sua inquieta energia in interventi pubblici esuberanti, comunicativi più che provocatori. La storia della scultura, in realtà, è sempre stata una storia della materia. La poetica di Michelangelo ha nel rapporto delle idee (Panofsky) con la forma uno snodo centrale. La questione diventa ancora più centrale con le avanguardie e le sperimentazioni del secondo dopoguerra: Pollock, Fontana. In una società in mutazione costante, il primo decise di utilizzare nelle sue tele – arena, non più della pittura ma della vernice industriale, e il secondo nella dimensione della sua “astrazione applicata” come fu definita dal critico Lazlo Glozer[1], utilizzò la ceramica e poi metalli, oli, vetri e intere superfici laccate per creare “concetti spaziali” in cui la morte della materia da lui stesso preconizzata era invece condotta a magnificente dignità artistica dalla sua opera. «Sono molto contento, è il nulla! La morte della materia, è la pura filosofia della vita»[2]. L’inventore dello Spazialismo commenta così la mostra Nature di Albissola, del 1960. La vita quindi, in tutte le declinazioni materiche, biologiche e concettuali diventa il campo dell’agire artistico, e anche in questo Quartarone è d considerarsi un artista pieno dello spirito del tempo. La sua casa trasformata in dimora, spazio sacro dell’artefice-sacerdote, la sua auto tramutata in Autoscultura (2011), il suo Calendario Stellarico, indicano un percorso di arte come vita, come esperienza continua di contatto tra ciò che è immaginato e ciò che è quotidianamente e immediatamente vissuto. Quartarone lavora artisticamente, quindi, a tutto quello con cui entra in contatto, l’arte diventa un modo di vivere, un antidoto alla follia, alla nevrosi. Il suo lavoro con lo psichiatra Matteo Allone per il Progetto Linguaggio Arte (1994) è stato un esperimento seminale che, di fatto, ha anticipato di vent’anni l’avvento dell’arte terapia come cura, come viatico salvifico universalmente valido per la condizione dell’uomo post moderno. Una condizione di omologazione, alienazione e aridità espressiva che è esattamente agli antipodi della gioiosa, inquieta e bizzarra creatività dell’artista messinese.