Il paesaggio è uno dei principali temi dell’opera di Vanadia. Sia la campagna dell’amata Tortorici sia i palazzi dirupati di Messina appartengono al repertorio dei suoi soggetti prediletti. Questo olio, conservato nel palazzo comunale di Tortorici, testimonia efficacemente il percorso che l’insegnante matematico aveva intrapreso al termine degli anni ’50 del ‘900. Sintesi geometrica del dato oggettivo, modulazione cromatica su tre tinte (ocra, blu, nero) e matericità dell’impasto pittorico costituiscono gli elementi definitivi di una poetica che presto giungerà all’astratto.
Il paesaggio è uno dei principali temi dell’opera di Vanadia. Sia la campagna dell’amata Tortorici sia i palazzi dirupati di Messina appartengono al repertorio dei suoi soggetti prediletti. Questo olio, conservato nel palazzo comunale di Tortorici, testimonia efficacemente il percorso che l’insegnante matematico aveva intrapreso al termine degli anni ’50 del ‘900. Sintesi geometrica del dato oggettivo, modulazione cromatica su tre tinte (ocra, blu, nero) e matericità dell’impasto pittorico costituiscono gli elementi definitivi di una poetica che presto giungerà all’astratto. Una spessa linea di contorno costruisce le potenti superfici dei due muri che si chiudono al centro del dipinto, mentre un cipresso spunta dietro di essi come un triangolo isoscele di carbone. A destra, una costruzione incombe sui già potenti e serrati volumi fin qui descritti, forse si tratta di una casa, mentre giù, davanti al borgo, una lingua di terra divide mare e cielo separati da un brevissimo orizzonte. La scansione delle tela in piani geometrici è vivificata dalla grande plasticità della pittura che Vanadia modula in sorvegliate spatolate sempre coerenti con la luce naturale. L’impasto particolarmente ricco e spesso dei colori trasforma la superfice del dipinto in una sorta di muro dalle gradevoli tensioni tattili, mentre, coerentemente con il dato naturale, si appiattisce sulla massa d’acqua per liberarsi definitivamente nella veloce stesura del cielo.
Il paesaggio è uno dei principali temi dell’opera di Vanadia. Sia la campagna dell’amata Tortorici sia i palazzi dirupati di Messina appartengono al repertorio dei suoi soggetti prediletti. Questo olio, conservato nel palazzo comunale di Tortorici, testimonia efficacemente il percorso che l’insegnante matematico aveva intrapreso al termine degli anni ’50 del ‘900. Sintesi geometrica del dato oggettivo, modulazione cromatica su tre tinte (ocra, blu, nero) e matericità dell’impasto pittorico costituiscono gli elementi definitivi di una poetica che presto giungerà all’astratto. Una spessa linea di contorno costruisce le potenti superfici dei due muri che si chiudono al centro del dipinto, mentre un cipresso spunta dietro di essi come un triangolo isoscele di carbone. A destra, una costruzione incombe sui già potenti e serrati volumi fin qui descritti, forse si tratta di una casa, mentre giù, davanti al borgo, una lingua di terra divide mare e cielo separati da un brevissimo orizzonte. La scansione delle tela in piani geometrici è vivificata dalla grande plasticità della pittura che Vanadia modula in sorvegliate spatolate sempre coerenti con la luce naturale. L’impasto particolarmente ricco e spesso dei colori trasforma la superfice del dipinto in una sorta di muro dalle gradevoli tensioni tattili, mentre, coerentemente con il dato naturale, si appiattisce sulla massa d’acqua per liberarsi definitivamente nella veloce stesura del cielo. I muri e le case saranno i temi dell’arte di Vanadia tra il 1958 e il 1960, anno del suo approdo ufficiale all’astrattismo. Tuttavia non è possibile inquadrare l’insegnante pittore come astrattista puro, Vanadia rimane legato alla natura, alla specificità dei luoghi, alla sua personale visione che per certi versi è vicina all’elaborazioni teorica del gruppo romano Forma 1 (1947 – 1951), ma che rimane sostanzialmente indipendente. Peraltro la riduzione sintetica delle forme non è che è un aspetto del suo lavoro. L’altro è la materia pittorica, la tecnica di esecuzione, la quantità di colore spalmato sulla tela. Spatolata per spatolata Vanadia “svolge” un’immagine costruita per addizione di materia, qui ancora sensibile alle variazioni della luce, ma più tardi assemblata direttamente per campi cromatici puri. Da Paesaggio in poi questa attenzione verso la pittura come materia assume sempre maggiore rilevanza. Vi si possono sentire gli echi delle sperimentazioni informali che stavano animando l’allora avanzato panorama dell’arte contemporanea italiana, ma si tratta di suggestioni che non lo coinvolgono mai direttamente. Vanadia si innamora della prassi, della tecnica pittorica e in essa, forse, vi fa convergere lo spirito logico del matematico che passaggio per passaggio giunge a sciogliere il problema posto dai numeri, che nella sua arte diventano spatolate ritmiche e modulari, tasselli di un mosaico pittorico di grande intensità poetica e intellettuale. Il matematico, di fatto, non sparisce sulla tela, anzi Vanadia si firma con la radice quadrata coerentemente con il suo desiderio di rimanere in primis un appassionato insegnante della materia. E non sparisce neanche il ragazzo discolo di Tortorici. Mentre per effetto della tardiva industrializzazione l’Italia mutava il suo millenario paesaggio rurale, intellettuali e artisti testimoniavano il momento storico trasformando i contadini e le campagne nell’oggetto delle loro sperimentazioni astratte. Anche Vanadia coglie la sfida, più per una tensione affettiva che per l’impegno, trasformando la campagna in un inverso minimo di forme stilizzate, scorci poetici e contadine accovacciate in dolci forme colorate. Paesaggio appartiene a questa stagione ricca di spunti e riflessioni formali dalla quale partirà l’ultimo Vanadia ormai artisticamente maturo e completamente in possesso di raffinati e personalissimi mezzi espressivi.